Disoccupazione alle mamme che si dimettono entro l’anno di vita del figlio

Sono molte le donne lavoratrici che dopo l’arrivo di un figlio scelgono di abbandonare il posto di lavoro. I motivi alla base di questa decisione possono essere numerosi: la volontà della donna di stare con il figlio, la mancanza di aiuto e l’impossibilità di permettersi una babysitter, l’incompatibilità del lavoro con la nuova condizione della donna, etc.. Non tutti sanno, però, che, per queste donne, esiste la possibilità di ricevere dall’INPS l’indennità di disoccupazione. In base all’articolo 55, comma 1 del Dlgs 151/2001 (Testo Unico Maternità e Paternità), infatti, una mamma lavoratrice che si licenzia entro il primo anno di vita del figlio ha il diritto di richiedere all’INPS l’indennità di disoccupazione. Le disposizioni del decreto legislativo si applicano anche in caso di adozione o di affidamento, sempre entro un anno dall’ingresso del minore nella nuova famiglia.

Le paure dei bambini, come gestirle

Le paure sono degli amici alquanto ingombranti quando si è bambini. Si è terrorizzati da tutto, dalle cose che non si conoscono, dalla solitudine, dal buio e in alcune occasioni diventano davvero delle paranoie che i genitori faticano a gestire. Sono tante le mamme e i papà che si chiedono come fare ad aiutare il proprio piccolo ad affrontare lo scoglio. Di base bisogna seguire alcune piccole regole, facendo attenzione a non chiedere troppo, perché sono una tappa di maturazione psichica e di sviluppo della personalità. È quindi molto importante rispettare i tempi del bimbo.

Prima di tutto individuiamo le paure. Ce ne sono alcune normali, che non devono spaventare il genitore. Di solito sono quelle che si identificano con i classici stereotipi, dal buio alle streghe, dall’acqua all’uomo nero. Sono fobie passeggere, che a volte nascono da una storia un pochino “dura” o violenta.  È però un terrore momentaneo e il più delle volte gestibile. Nel caso del buio o dell’uomo nero, basta un lumino o un orsacchiotto in camera da letto e gli incubi scompariranno.

I disturbi del linguaggio

Con l’espressione disturbi del linguaggio si indica un gruppo eterogeneo di difficoltà nell’espressione, nella fonazione, nell’articolazione e/o nella comprensione del linguaggio che fanno la propria comparsa in età prescolare e possono manifestarsi da sole o in associazione ad altre patologie (deficit cognitivi o sensoriali, malattie neuromotorie, disturbi dell’apprendimento, disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività). Quando si associano ad latri disturbi o patologie si parla di disturbi del linguaggio secondari, nel primo caso invece si parla di disturbi specifici del linguaggio. Ed è proprio di questi ultimi che noi ci occuperemo.

Premesso che lo sviluppo del linguaggio non avviene allo stesso identico modo in tutti i bambini e che viene influenzato da fattori ambientali quali l’età di inserimento a scuola, la presenza di fratelli e sorelle, il grado di stimolazione che il bambino riceve in famiglia e così via, in genere verso i 24 mesi il bambino possiede un vocabolario di circa 100 parole e comincia a formulare le prime brevi frasi o meglio ad associare due parole.

Deodoranti: quali scegliere in gravidanza

La gravidanza rappresenta una fase molto delicata nella vita di una donna. I cambiamenti fisici e gli sbalzi ormonali che interessano la futura mamma nel corso della gravidanza spingono la donna a prestare particolare attenzione anche a cose che fino ad allora erano normali e scontate. È questo il caso, ad esempio, della scelta e dell’utilizzo dei deodoranti. Durante i nove mesi di gestazione, infatti, la pelle della donna può diventare più sensibile a causa dei nuovi equilibri ormonali e questo può renderla più soggetta ad irritazioni. Alcuni tipi di deodoranti, ed in particolare quelli antibatterici e antitraspiranti e quelli che contengono elevate quantità di alcol etilico, possono irritare la pelle della donna e scatenare delle allergie ed il loro utilizzo è, quindi, sconsigliato in gravidanza.

Pancia dura in gravidanza

La gravidanza è un evento straordinario che porta con se numerose modificazioni a carico dell’organismo della donna.  Durante i nove mesi di gestazione, la pancia è quella che subisce i più numerosi e visibili cambiamenti dovuti alla crescita del feto. Può succedere, fin dalle prime settimane di gestazione, di avvertire, ad esempio, delle particolari sensazioni come di pancia gonfia e dura. Queste sensazioni non devono preoccupare perchè riflettono i cambiamenti a cui va incontro il corpo femminile per favorire lo sviluppo del feto. Generalmente, gli indurimenti di pancia tipici delle ultime settimane di gravidanza, possono manifestarsi con diversa intensità anche durante tutti i mesi di gestazione e sono dovuti alle contrazioni uterine.

Fecondazione in vitro, il caffè riduce le complicanze

Sono sempre più numerose le coppie che scelgono la fecondazione in vitro per avere un bambino. Certo, non sempre questo trattamento funziona: possono esserci, infatti, numerose complicanze.  Sembrerebbe che la caffeina possa ridurre eventuali rischi che possono mettere anche in pericolo la vita della donna.  Quali? Uno di questi è la dilatazione dei vasi sanguigni con una possibile conseguente fuoriuscita del sangue nei tessuti. Tutto ciò sarebbe causato dai farmaci utilizzati per stimolare le ovaie.  In gergo tecnico, questo disturbo si chiama sindrome da iperstimolazione ovarica o OHSS e ne sono soggette circa il 30% delle signore che scelgono la fecondazione, quasi una paziente su tre.

Questa sindrome si manifesta con alcuni dolori addominali o un po’ di gonfiore, alcune donne non avvertono neanche il medico con urgenza, ma è davvero gravi perché comporta problemi di coagulazione del sangue e anche danni renali e alle ovaie.

Allattamento in gravidanza

Una donna può scoprire di aspettare un bambino quando sta ancora allattando il precedente. In questi casi, il consiglio che si riceve dalla maggioranza dei medici è quello di smettere l’allattamento. Tuttavia, se la gravidanza è fisiologica (sana) non ci sono dimostrazioni scientifiche su danni al feto durante l’allattamento. Al contrario, in presenza di disturbi come dolori al ventre, minacce d’aborto, perdita di peso e precedenti parti prematuri, può essere opportuno interrompere l’allattamento.

Molte donne si chiedono se le contrazioni uterine che si verificano durante l’allattamento possono rappresentare un pericolo per il feto o incrementare il rischio di un parto prematuro. In realtà le contrazioni da allattamento non sono più “pericolose” di quelle derivanti dai rapporti sessuali per cui, se la gravidanza è regolare, non c’è motivo di interrompere l’allattamento.

Smorfie e boccacce salutari per i bambini

Le smorfie e le boccacce, che spesso suscitano la rabbia di mamma e papà, sono invece salutari per i bambini. Studi scientifici, infatti, hanno dimostrato che linguacce, pernacchie e smorfie fanno bene alla salute psico-fisica dei bambini e ne favoriscono lo sviluppo del linguaggio. I bimbi, soprattutto i più piccoli, secondo gli esperti, utilizzano le boccacce per esprimere con il volto emozioni, sensazioni e stati d’animo che non riescono ancora a comunicare attraverso la parola. Le smorfie, quindi, rappresentano un elemento primario e molto importante del linguaggio infantile e, come spiega lo psicoterapeuta infantile Federico Bianchi di Castelbianco

Sono un atto liberatorio che i bambini usano per esprimersi e per farsi capire. Meglio non essere troppo seri e non correggere il linguaggio prima dei tre anni perche’ i bambini hanno una vitalità e spontaneità  che purtroppo perderanno con la parola e con il pensiero elaborato. Meglio produrre male ma tanto piuttosto che bene ma poco.

I bambini imparano le parolacce da neonati

Capita spesso di sentir dire ai bambini qualche parolaccia. Non sanno neanche il significato, ma sono consapevoli che sia un gesto da adulto e di protesta. Il luogo in cui imparano più spesso questo tipo di linguaggio è la scuola, almeno è quello che piace pensare a tanti genitori. Bisogna, invece, prestare più attenzione al modo in cui si parla in casa, soprattutto in presenza di neonati. Li vediamo piccoli e docili e ci sentiamo liberi di esprimerci: tanto non capiscono. Ma non è così, anzi sono molto più attenti e ricettevi di quanto non si possa immaginare.

Il criptorchidismo

Cos’è il criptorchidismo

Con il termine criptorchidismo si indica la mancata discesa nello scroto di uno o entrambi i testicoli, i quali, in condizioni normali si spostano dall’addome allo scroto, lungo i canali inguinali, intorno al settimo-ottavo mese di vita del bambino. Può associarsi ad anomalie del tratto genito-urinario e nel 70% dei casi riguarda il testicolo destro. Si tratta di una condizione abbastanza frequente nel neonato e in genere regredisce spontaneamente entro il primo anno di vita. Solo se questo non accade si ricorre alla terapia farmacologica o chirurgica.

Criptorchidismo, la diagnosi

E’ il pediatra a fare la diagnosi di criptorchidismo palpando lo scroto del bambino durante la visita di controllo.

Quali sono le conseguenze del criptorchidismo

Se non curato, il criptorchidismo può causare atrofia del testicolo e compromettere la futura formazione degli spermatozoi. Il disturbo può indurre anche anomalie nella riproduzione cellulare predisponendo allo sviluppo di neoplasie maligne.

Papà: quando diventa geloso del bimbo

La gravidanza e la successiva nascita del bambino sono dei momenti straordinari che stravolgono la sfera emotiva della coppia. La consapevolezza di diventare genitori, però, non si sviluppa ugualmente per mamma e papà. Nella donna, infatti, la maternità è quasi sempre immediata mentre per il papà non è così. La paternità può svilupparsi in modo lento e complesso e può portare con se delle difficoltà iniziali. Dopo la nascita del bebè, infatti, nel padre può scattare una sensazione di distacco, di gelosia e di inutilità verso il bambino. Tutto questo è normale poichè l’uomo non vive fisicamente la gravidanza e perchè tra la mamma ed il bebè si instaura subito un rapporto speciale ed esclusivo dal quale il padre si sente inizialmente escluso.

Nei primi mesi di vita, il bambino vede la madre come un’insostituibile fonte di nutrimento e gioia e la cerca di continuo.

Mamma lavoratrice, come superare il distacco dal bambino

Fare la mamma, essere una brava moglie e andare al lavorare. Quanti ruoli per una persona sola, soprattutto quando termina il congedo di materinità. Eppure le donne hanno mille risorse e una di queste è proprio la capacità di essere multitasking.  Il problema però non è essere in grado di fare tutto, ma fare i conti con i propri sensi di colpa. Uscire di casa la mattina presto, magari in punta di piedi per non svegliare il bambino, perdersi i momenti fondamentali della sua crescita e sperare di godersi qualche sorriso prima di cena. Esistono però delle tecniche per aiutare il bambino ad accettare il lavoro della mamma e di conseguenza vivere più serenamente il distacco, soprattutto all’inizio.

La prima cosa da fare è accettare la presenza di nonni e baby-sitter. Care mamme, dovete mettere da parte la vostra gelosia e fare in modo che queste persone vi siano accanto fin dai primi mesi, affinché anche il bimbo abbia tempo di affezionarsi o prende confidenza. Quando, invece, è un po’ più grande e ha raggiunto l’età per andare all’asilo, dovete parlare con lui del vostro lavoro. Questo è un modo per farlo sentire importante e grande.

Il cosleeping, dormire insieme ai bambini fa bene?

L’abitudine del bambino di dormire nel lettone con mamma e papà è aborrita dalla maggior parte delle persone, soprattutto se il piccolo non è più un bebè. In alcuni casi sono stati proprio i genitori a favorire l’instaurarsi di questa abitudine lasciando che il proprio figlio si addormentasse accanto a loro sin dai primi mesi di vita, in altri invece è il bambino a reclamare, spesso nel bel mezzo della notte, il proprio diritto, diciamo così, a dormire nel lettone, nonostante mamma e papà non siano d’accordo.

I detrattori del lettone aperto al bambino sostengono la propria posizione ritenendo che questa abitudine ne farà un adulto insicuro e mammone, i sostenitori, al contrario, pensano che il piccolo che viene lasciato dormire insieme ai genitori sarà un adulto senz’altro sano (ci mancherebbe) ed anzi più sereno. Al coro dei contrari si aggiunge poi la voce di chi ritiene che tenersi i figli dentro al letto, magari fino alla preadolescenza, danneggi gravemente l’intimità di coppia.

Bambini: quando picchiano gli altri

Succede spesso che, nonostante gli insegnamenti di mamma e papà, i bambini si lascino andare a comportamenti aggressivi verso gli altri. Questa aggressività, però, pur suscitando le preoccupazioni dei genitori, rappresenta una fase passeggera nel processo evolutivo del bambino del tutto normale. Atteggiamenti aggressivi, come il picchiare, l’urlare o il colpire degli oggetti, costituiscono, infatti, degli importanti strumenti attraverso cui il bambino manifesta i propri stati d’animo. Questo avviene soprattutto durante la prima infanzia ed in particolare verso i 2-3 anni, quando il bambino non sa ancora parlare bene ed esprimere verbalmente le proprie emozioni ed inizia a relazionarsi con gli altri. Con la conquista di una maggiore padronanza del linguaggio, l’aggressività fisica tenderà a diminuire, rimanendo, però, presente fino ai 5 anni di età.

Anche se i comportamenti aggressivi sono piuttosto comuni tra i bambini nei primi anni di vita e rappresentano uno strumento naturale di comunicazione, è bene che i genitori li tengano sempre sotto controllo per valutare eventuali anomalie e distorsioni nella loro normale evoluzione.