Diventare mamma dopo i quaranta

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In Italia sono moltissime le donne che diventano mamme dopo i quaranta anni e non solo perchè ci mettono più tempo a trovare l’uomo giusto con il quale mettere al mondo dei figli o perchè hanno avuto problemi di infertilità. Le donne italiane infatti faticano più delle altre europee a consolidare la propria posizione economica e sociale e, soprattutto, per loro è più difficile conciliare famiglia e lavoro. Ed è per questo motivo che, a quanto pare, siamo tra le mamme più attempate d’Europa con il 4,6% dei bambini venuti al mondo nel 2005 che ha una mamma ultraquarantenne.

Fermo restando che una donna di questa età è ancora giovane, forte e nel suo più pieno vigore, sappiamo però che la gravidanza a quaranta e più anni comporta dei rischi maggiori rispetto a quella condotta in età più giovane: se da un lato infatti sono in agguato complicanze ostetriche quali ipertensione arteriosa, gestosi e diabete, dall’altro l’età materna rappresenta un fattore di rischio per l’insorgenza di anomalie cromosomiche quali la sindrome di Down,  motivo per cui quando si aspetta un bambino dopo i trentacinque anni è opportuno monitorare costantemente il proprio stato di salute e sottoporsi ad accertamenti quali villocentesi e amniocentesi che informino la futura mamma circa lo stato di salute del nascituro.

Menarca: consumare molta carne ne anticipa la comparsa

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Un elevato consumo di carne anticipa l’arrivo del primo ciclo mestruale. Ad affermarlo è uno studio dell’Università di Brighton, in Gran Bretagna. Nella maggioranza dei casi, le prime mestruazioni, dette menarca, si manifestano verso i 12-13 anni ma è noto che alcuni fattori possono influire su questo evento anticipandone o ritardandone l’arrivo. Una dieta ricca di proteine animali, ad esempio, stimola la comparsa del menarca nelle bambine. I ricercatori britannici, guidati dalla dottoressa Imogen Rogers, hanno tenuto sotto controllo il consumo di carne di 3000 ragazzine inglesi di 12 anni e l’età delle loro prime mestruazioni.

L’orsacchiotto: l’oggetto transizionale per eccellenza

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Nei primi otto mesi di vita, il bambino non ha sviluppato ancora la consapevolezza della sua individualità. Il neonato, infatti, non riesce a percepire se stesso come un essere a parte ma si crede un tutt’uno con la madre. Pensa, ad esempio, che le braccia della mamma che lo prendono, lo cambiano e lo nutrono siano una semplice estensione del suo corpicino. Solo dopo gli otto mesi, il bambino inizia a modificare la propria percezione del mondo e a capire che lui e la madre sono due individui distinti. Questo è un momento molto delicato nella vita del bambino poiché con la consapevolezza dell’individualità possono emergere anche paure ed angosce. La mamma, infatti, vista ora come un essere distinto può allontanarsi e questo crea nel bambino il timore di rimanere da solo. E’ proprio in questo periodo che l’orsacchiotto può assumere un ruolo importante nella vita del bambino.

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Congedo di paternità obbligatorio, buone notizie per i papà

42-15262330Congedo di paternità obbligatorio, sogno o son desta? Forse i neo papà italiani non dovranno più usufruire dei loro giorni di ferie per andare ad accudire il nuovo pargoletto e la sua mamma. E’ di oggi la notizia che è al vaglio della Camera una nuova legge che permetterebbe ai papà di partecipare al momento della nascita del proprio figlio senza affanni e senza dover inventare balle galattiche al proprio datore di lavoro.

Come negli altri paesi europei il neo-genitore avrebbe il diritto-dovere di astenersi dal lavoro per la nascita del bambino, nella pratica il disegno di legge prevede che il papà debba astenersi dal lavoro per i quattro giorni successivi alla nascita senza andare a perdere nulla su ciò che guadagna in busta paga. A differenza di ciò che prevede il Congedo parentale, in questo caso l’obbligatorietà dell’astenersi dal lavoro in qualche modo equipara il papà alla mamma che deve stare in maternità per cinque mesi a cavallo della data del parto.

Quando il papà vuol fare la mamma

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Molte donne, una volte divenute madri, rimproverano al proprio compagno di non aiutarle abbastanza con il bambino e vorrebbero che fosse più partecipe e attivo provvedendo anche lui alla preparazione del biberon, al cambio del pannolino e così via. Tuttavia, sembra che quando avviene il contrario, quando cioè il papà è sin troppo partecipe, le mamme non gradiscano affatto e vivano questa presenza come un ostacolo fra sè e il proprio figlio.

Il superpapà sarebbe quindi uno di quei sogni che una volta realizzatisi non piacciono più; a causa sua infatti la neomamma si sentirebbe in qualche modo spodestata dal proprio ruolo prioritario di accudimento del bambino e finirebbe, anche inconsciamente, per volerne al proprio compagno sfogando il proprio rancore verso di lui con litigi e rimproveri che turbano irrimediabilmente la pace familiare. Meglio invece un papà che sostiene la mamma e risponde alle sue richieste d’aiuto senza però volersi mai sostituire a lei e/o invaderne gli spazi.

Caffè in gravidanza: abusarne può rimpicciolire il feto

Caffè e gravidanza

Il consumo di caffè in gravidanza è da sempre un argomento molto controverso. C’è chi sostiene che bere caffè durante i nove mesi della gestazione sia deleterio per il nascituro e chi, invece, è convinto che assumerne non ha controindicazioni. Ma qual è la verità? Come quasi sempre accade, la verità è nel mezzo. Ricerche scientifiche,  infatti, hanno dimostrato che bere ridotte quantità di caffè in gravidanza non fa male al feto. Ma non bisogna abusarne. Uno studio dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam (Olanda), ha evidenziato, ad esempio, che le madri che assumono grandi quantità di caffè hanno maggiori probabilità di partorire bambini più piccoli della norma.

Come educare il neonato al seno: l’alimentazione a dito

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Durante i primi giorni di allattamento può succedere che il bambino incontri qualche difficoltà nella suzione. E’ possibile, infatti, che il neonato rifiuti il seno, non si attacchi correttamente o che sia troppo piccolo e debole per riuscire a succhiare. Diventa indispensabile, quindi, educare il piccolo al seno e per farlo può essere utile ricorrere alla cosiddetta alimentazione a dito. Si tratta di una tecnica ausiliare di nutrizione con la quale il latte viene somministrato attraverso un tubicino stretto attorno al dito di un genitore, collegato ad un contenitore con il latte materno. L’alimentazione a dito è efficace ed è preferita all’utilizzo del biberon. Questo perchè, a dispetto di quanto si possa pensare, succhiare dal biberon è completamente diverso dal succhiare al seno.

Il bonding, ovvero il legame fra la mamma e il bambino

bonding madre bambino

Con il termine bonding si indica il processo che porta alla formazione del legame fisico e psicologico fra il bambino e i suoi genitori, la mamma in particolare, legame in virtù del quale i genitori sviluppano una particolare sensibilità verso le esigenze del piccolo e si prendono cura di lui, lo proteggono, lo coccolano. Il bonding è un processo condizionato da molti fattori: dalle caratteristiche di personalità della mamma e dal suo stato di salute, dal tipo di parto, dalle condizioni di salute del bambino stesso, dagli accadimenti immediatamente successivi alla nascita.

Ne consegue che, a seconda della qualità di suddette variabili, il bonding può risultare agevolato od ostacolato; per facilitare il bonding, ad esempio, è fondamentale che il bambino sia dato in braccio alla madre entro poche ore dalla nascita, tanto più che è proprio in questo momento che essa si trova nel periodo sensibile che le permette di entrare immediatamente in contatto fisico ed emotivo con lui, mentre appare chiaro come il processo possa venire ostacolato quando le condizioni del salute della madre o del figlio non lo permettono.

Fimosi fisiologica: quando il pisellino non si apre

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Le prime volte che si è alle prese con un bambino capita di considerare erroneamente  le differenze morfologiche rispetto agli adulti come delle patologie. Ma non sempre è cosi in quanto queste differenze sono associate al normale evolversi del corpo umano nel corso degli anni. E’ il caso, ad esempio, del pisellino del bambino che presenta una morfologia propria, spesso differente da quella dell’adulto.  Alla nascita, infatti, il prepuzio, il lembo di pelle scorrevole che copre il glande (parte terminale del pene), è stretto ed aderente. Questo, accanto all’impossibilità di retrarre completamente il prepuzio per scoprire il glande, suscita numerose preoccupazioni nei genitori.  Non c’è nulla di cui spaventarsi, però, perché il disturbo, noto come fimosi fisiologica, tende a scomparire naturalmente intorno ai 3-4 anni.

Esiste una giusta differenza di età tra fratelli?

fratelliIn questo caldo sabato di giugno mentre passeggiavo in un grande centro commerciale di Roma guardavo i miei figli e pensavo “mamma mia sono quasi gemelli!” ed effettivamente è così, tra i due ci sono solo 15 mesi, il che vale a dire che sono rimasta incinta della seconda quando il maschietto aveva solo sei mesi. Vi starete chiedendo, ma come mai ci sta raccontando tutto questo? Semplice, perché volevo parlare con voi della giusta differenza di età che ci deve essere tra due fratelli.

Quando dare gli integratori ai bambini

sali minerali vitamine bambini

Calcio, vitamina D, ferro e fluoro sono nutrienti indispensabili per lo sviluppo del bambino e di solito e sufficiente che questo segua un’alimentazione sana ed equilibrata per assumerne le quantità giornaliere raccomandate dai nutrizionisti. Tuttavia, per i motivi più svariati, non sempre la dieta è sufficiente e il pediatra può decidere di prescrivere al piccolo degli integratori sotto forma di gocce, capsule, pastiglie effervescenti, bustine solubili o pastiglie, soprattutto nella primissima infanzia e in adolescenza.

Vediamo perchè queste vitamine e sali minerali sono importanti e cosa possiamo fare per assicuraci che il piccolo ne assuma le giuste quantità:

Calcio

Oltre a consolidare e rafforzare ossa e denti, il calcio favorisce la coagulazione del sangue e la contrazione dei muscoli volontari e involontari. Livelli troppo bassi di questo minerale possono causare rachitismo e fragilità ossea mentre livelli troppo alti possono determinare disturbi ai reni e concorrere alla formazione di calcoli.

Una eventuale carenza di calcio può insorgere al momento dello svezzamento se nella dieta del bambino mancano i cibi che ne sono più ricchi: formaggi, latte e yogurt ma anche broccoli, pomodori, vegetali con foglie, legumi, riso integrale e tuorlo d’uovo.

L’importanza del giusto microclima domestico per la salute dei bambini

bambini sani

Quando in casa arriva un bebè è fondamentale che i genitori tengano sotto controllo ogni dettaglio. Tutto, anche ciò che prima appariva insignificante, deve essere a prova di bambino.  Uno degli aspetti di primaria importanza da considerare è l’ambiente in cui il nuovo arrivato dovrà vivere.  Nello specifico, l’aria di casa dovrà essere ottimale per la salute dei bambini. Nei neonati, infatti, i meccanismi di termoregolazione, che consentono di mantenere una temperatura corporea costante, non sono ancora del tutto funzionanti.  Questo comporta, da parte del bambino, un maggior consumo di ossigeno in presenza di sbalzi di temperatura e di umidità. Per questo, spetta ai genitori garantire al bebè la cosiddetta termoneutralità: un ambiente ottimale in cui il bambino sarà in grado di mantenere la propria temperatura corporea senza dispendio di energia.

famiglia, assegni familiari

Famiglia numerosa, chi può permettersela?

famiglia numerosa

Nei vostri sogni di ragazza c’è sempre stata una famiglia numerosa? E quando siete diventate donne il vostro sogno è diventato realtà o, fatti i conti con la vita, avete dovuto ridimensionarlo? Capita infatti che il desiderio di avere molti figli non possa essere realizzato perchè la vita pone, almeno a noi comuni mortali, degli ostacoli che non lo permettono e che non hanno nulla a che vedere con eventuali problemi di infertilità della coppia.

Se un tempo infatti erano gli strati più svantaggiati della popolazione a mettere il mondo un maggior numero di figli (e non certo perchè li cercassero) oggi sembra che la tendenza si sia invertita e che avere una famiglia numerosa sia sempre più spesso prerogativa dei ceti sociali più abbienti. In altre parole, sembrerebbe che a fare tanti figli sia solo chi può permettersi di mantenerli e non solo economicamente.

Gravidanza, anche i papà ingrassano

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Durante la gravidanza è naturale e fisiologico che la donna metta su qualche chilo. Ad ingrassare, però, non sono solo le future mamme. Aspettare un bambino, infatti, fa ingrassare anche i futuri papà. A rivelarlo è uno studio condotto in Gran Bretagna su ben 5 mila uomini. Dall’analisi è emerso che, durante i nove mesi della gravidanza, gli uomini ingrassano in media di 6 kg.  Sono diversi i fattori alla base di questa bizzarra tendenza:  ansia per la gravidanza, pasti veloci, non voler far sentire a disagio la propria compagna, ecc..