Contraccezione dopo il parto, quando è il momento giusto per cominciare?

Forse non tutte sanno che l’ovulazione post parto può avvenire già nelle quattro settimane successive alla nascita del bambino, soprattutto in caso di allattamento al seno. Tuttavia, durante questo periodo il rischio di tromboembolismo risulta aumentato, specialmente nelle donne che hanno partorito con il cesareo, fumano, sono affette da obesità o hanno più di 35 anni e il ricorso ai contraccettivi ormonali (pillola, cerotto e anello vaginale) può dunque risultare molto rischioso.

depressione post partum papà

Depressione post partum: la testimonianza di un papà

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La depressione post partum è un tema che abbiamo affrontato più volte, e a ragione, perché è uno di quegli argomenti di cui non si parla mai abbastanza. Sappiamo ormai che la depressione post partum è una vera e propria malattia, ben diversa dal baby blues, quel senso di disagio, di  inquietudine, di malinconia che può assalire una donna subito dopo il parto e che regredisce spontaneamente.

Capillari, come eliminarli definitivamente dopo il parto

Molte donne, durante i nove mesi di gestazione, notano la comparsa, soprattutto sulle gambe, di antiestetici capillari. La loro presenza è dovuta ad un’insufficienza della microcircolazione accentuata in gravidanza dall’aumento dei livelli ormonali e dal crescente peso del pancione.

Generalmente, la capillaropatia si riesce a tenere a bada facilmente attraverso piccoli accorgimenti, come l’impiego di specifiche creme defatiganti, calze elastiche a compressione graduata e massaggi. Succede, però, che con l’avanzare della gravidanza il problema assuma maggiori proporzioni e la comparsa dei capillari diventi massiccia e dolorosa.

Mamme, la paura di uscire sole con il bambino

Ci sono dei momenti particolarmente delicati, nella vita di tutti, in cui prevalgono fragilità ed insicurezza e durante i quali anche tutto quello che si considerava normale diviene estraneo e difficoltoso. Questa fragilità emotiva e questo senso di inadeguatezza colpiscono, spesso, molte neomamme alle prese con il loro bebè e può manifestarsi, tra l’altro, con la paura di uscire di casa da sole con il proprio bambino. In questi casi, la mamma si sente agitata, insicura e non in grado di proteggere il proprio bimbo da eventuali pericoli. Emerge una distorsione nella percezione del pericolo che fa credere alla donna che, da un momento all’altro, qualcosa di pericoloso possa accadere a lei e al bambino. La neomamma ha bisogno di essere rassicurata e richiede la presenza di qualcun’altro, come il marito, un’amica o la madre, che rimanga al suo fianco durante le passeggiate con il proprio bebè.

Le donne con i capezzoli rientranti possono allattare?

capezzoli introflessi allattare

Il capezzolo rientrato (capezzolo introflesso) è una caratteristica che accomuna il 7-9% delle donne; può interessare uno solo o entrambi i seni ed è causato dalla brevità dei dotti galattofori (i canali che portano il latte al capezzolo), cui si associa la presenza di tessuti fibrosi. Si tratta di un fenomeno del tutto innocuo che non pone alcun problema di salute ma che può rappresentare una difficoltà per le neo-mamme che decidono di allattare.

Tuttavia per le donne che hanno i capezzoli in dentro nutrire il proprio bimbo al seno non è impossibile e vi spieghiamo perchè: anzitutto nella gran parte dei casi il capezzolo riesce a sporgere all’esterno spontaneamente, soprattutto nei giorni immediatamente successivi al parto, in secondo luogo esistono alcuni dispositivi esterni che, applicati sul capezzolo, ne agevolano la fuoriuscita.

Il colostro, cos’è?

colostro

Il colostro, o primo latte, è un liquido sieroso di colore giallo-arancio che viene secreto dalla ghiandole mammarie durante la gravidanza e nei giorni immediatamente successivi al parto. E’ composto principalmente da acqua, proteine, carboidrati, grassi e leucociti (globuli bianchi) ma contiene anche vitamine (deve il proprio colore giallognolo alla presenza di beta carotene) e sali minerali, soprattutto zinco, importantissimo per i processi di accrescimento. Di fatto è il primo latte che il bambino prende dalla madre mentre il latte maturo inizierà a comparire solo qualche giorno dopo.

E’ proprio attraverso il colostro che la mamma trasmette la gran parte delle proprie difese immunitarie al figlio, dal momento che questo  presenta una concentrazione di agenti immunitari maggiori del latte maturo (rispetto al quale è anche più ricco di proteine e più povero di grassi e zuccheri) e contiene elevate quantità di immunoglobulina secretoria A che protegge le membrane mucose della gola, dei polmoni e dell’intestino dall’attacco di agenti nocivi.

Combattere l’ingorgo mammario con foglie di cavolo

Allattare il proprio bambino al seno è per ogni donna un’esperienza fantastica. Può accadere, però, che a causa di disturbi come irritazioni, fissurazioni o ragadi al seno, l’allattamento diventi un momento di sofferenza per la mamma ma anche per il bambino che incontra difficoltà nella suzione. Uno dei problemi più comuni a cui possono andare incontro le madri che allattano al seno è l’ingorgo mammario. Si tratta di un fastidioso disturbo dovuto ad un’elevata produzione di latte rispetto alla sua suzione dal seno da parte del bambino. L’ingorgo mammario deriva da un inadeguato svuotamento delle mammelle che appaiono tese, gonfie, calde, tumefatte e doloranti. Il disturbo si presenta solitamente all’inizio dell’allattamento quando il seno produce una quantità di colostro maggiore rispetto alle reali necessità del neonato. In linea di massima, gli ingorghi mammari che compaiono 2 o 3 giorni dopo il parto, tendono a risolversi spontaneamente in poco tempo se la mamma riesce comunque ad attaccare il bimbo al seno. Se l’ingorgo mammario è più ostinato è possibile alleviarlo attraverso l’applicazione sul seno di foglie di cavolo.

I pro e i contro delle dimissioni precoci

neomamme

In Italia, in passato le neomamme rimanevano in ospedale anche 15 giorni dopo il parto. Oggi, invece, si è radicata una tendenza completamente diversa: dimettere le mamme e i nascituri dopo 2 o 3 giorni dal parto. Si tratta delle cosiddette dimissioni precoci in cui il neonato viene mandato a casa a 48 ore di vita. Le dimissioni precoci sono divenute la norma nella maggior parte degli ospedali italiani dove, in caso di parto naturale perfettamente riuscito e se il bambino è nato a termine, sano e di peso adeguato (che non perda più del 10% del peso iniziale durante il calo fisiologico) si dimettono mamma e neonato dopo 48 ore dal parto. Anche i tempi di degenza del cesareo sono cambiati: oggi, in caso di cesareo senza complicanze, le mamme possono essere dimesse già dopo 3 o 4 giorni grazie anche al minor tempo di recupero permesso dall’epidurale. La scelta dei tempi di degenza è, comunque, ancora molto dibattuta. Per i sostenitori delle dimissioni precoci, tempi di degenza ridotti comporterebbero vantaggi sia per gli ospedali che per mamme e bambini.

Le mamme “perfette” a rischio depressione

mamma-e-figlioLa maternità è qualcosa di meraviglioso, emozionante e ineguagliabile. Ci sono alcune mamme però che vivono il loro ruolo genitoriale non come qualcosa di naturale, non come un rapporto da costruire giorno dopo giorno con errori e successi, ma come un ruolo rigido i cui comportamenti sono stabiliti dai dettami sociali e da quello che gli altri si aspettano da loro.

Molte delle mamme “super perfette” in realtà nascondono dietro la facciata di serenità e di controllo un mondo di instabilità e di angoscia che rischia di condurre alla depressione. Questi i risultati di una ricerca canadese che ha coinvolto 100 neo mamme al loro primo figlio, lo studio che prevedeva la compilazione di un test che valutasse la tendenza al “perfezionismo” ha messo in evidenza come il comportarsi secondo le aspettative sociali sia assolutamente dannoso per le neomamme ed ha associato sintomi depressivi a questo tipo di comportamenti.

Post-partum: la ripresa delle mestruazioni

mestruazioni

Durante il periodo successivo al parto, il cosiddetto puerperio, la donna attraversa un’importantissima fase in cui tutte le sue funzioni vengono ripristinate e il corpo torna piano piano agli equilibri pre-gravidanza. Nei nove mesi di gestazione, le dimensioni dell’utero nella donna aumentano di circa 50 volte per rientrare nella norma proprio nella fase di ripristino successiva al parto. Questa regolarizzazione è caratterizzata da perdite simili alle mestruazioni e da forti contrazioni uterine (morsi uterini). La comparsa di queste perdite, però, non deve essere confusa con la ripresa delle mestruazioni. Si tratta infatti dei lochi, frammenti di rivestimento uterino e sangue che vengono espulsi dall’utero. La prima vera mestruazione dopo la nascita del bambino, detta capoparto, compare, infatti, nelle donne che non allattano solo dopo circa 40 giorni dal parto.

La perdita di capelli dopo il parto

alopecia

In gravidanza, la salute e la bellezza dei capelli della futura mamma sono invidiabili. Durante i nove mesi di gestazione, infatti, il nuovo assetto ormonale determina un prolungamento della fase di crescita del capello e un rallentamento della fase di caduta. I capelli appaiano folti, resistenti e brillanti. Subito dopo la nascita del bambino, invece, la neomamma può notare una perdita di capelli a volte anche consistente. Questo perchè dopo il parto, i livelli ormonali si modificano ancora una volta e i bulbi piliferi, che contengono le radici dei capelli, non sono più stimolati dagli estrogeni e dal progesterone e entrano in una fase di riposo, determinando la caduta dei capelli.

L’attività fisica durante l’allattamento

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Praticare attività sportiva durante il periodo dell’allattamento non compromette le qualità del latte materno e gli ottimi benefici per il neonato. A dimostrarlo sono numerose ricerche scientifiche che rassicurano tutte quelle neo-mamme che vogliono ritornare in forma dopo il parto senza rinunciare al piacere di allattare al seno il proprio bambino. Uno studio della University of North Carolina di Greensboro, ha mostrato, ad esempio, come l’attività fisica sia positiva per la qualità del latte materno. Un pò di movimento, infatti, favorirebbe la produzione degli acidi grassi polinsaturi (LC-PUFA) nel latte materno. Nello specifico, aumenterebbe la produzione degli acidi alpha-linolenico e linoleico, essenziali per il corretto nutrimento del bambino. Secondo i ricercatori americani, per ottenere questi benefici è sufficiente praticare attività fisica per mezz’ora tre giorni alla settimana.

I baby pit-stop per allattare al seno anche fuori casa

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Grazie ad un accordo siglato tra Unicef e le Asl di Milano, nella capitale lombarda sarà possibile allattare al seno in farmacie, centri commerciali e negozi; nascono così i baby pit-stop, delle aree all’interno di alcuni negozi, dentro alle quali le neomamme potranno allattare al seno il proprio bambino con tranquillità.  Questo progetto si colloca nell’ambito della promozione della tutela dei diritti e della salute materno-infantile, oltre che in quello di sostegno alla genitorialità.

Oltre che da Unicef Italia e dall’Asl di Milano, il progetto baby pit-stop è sostenuto dal direttore dell’Unità Operativa Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale della Clinica Mangiagalli, il professor Fabio Mosca, che ha sottolineato come:

gli ospedali sono il luogo privilegiato ad ospitare questi spazi di allattamento.

Depressione post-parto, influenze sociali e fattori di rischio

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L’80% delle neomamme sperimenta, subito dopo il parto, il fenomeno noto come baby blues: tristezza, sensazione di inadeguatezza, ansia e ipersensibilità si impadroniscono della donna impedendole di vivere serenamente i primi giorni di vita del proprio bambino. Fortunatamente però in una percentuale altrettanto alta di casi la situazione rientra alla normalità dopo poche settimane senza lasciare alcuna conseguenza.

Altre volte invece la mamma entra in un vortice dal quale è difficile uscire senza l’aiuto di un esperto, sviluppando una vera e propria depressione post-partum, problema che attualmente interessa il 10% delle neomamme e sul cui sviluppo incidono non solo fattori biologici e psicologici ma anche sociali. Fra questi ultimi troviamo il dilagare della solitudine tipico della società urbana, che lascia la madre priva di quei riferimenti e del sostegno che un tempo poteva trovare nella famiglia allargata e nel vicinato, i mutamenti della condizione femminile che vedono spesso la donna impegnata nel doppio ruolo di madre e lavoratrice, insostenibile senza l’appoggio di una valida rete di rapporti e di politiche sociali realmente a sostegno della famiglia (che vadano cioè aldilà dell’idiozia di negare alle coppie di fatto i propri diritti), il disagio sociale.