Come cambia la pressione sanguigna in gravidanza

La pressione sanguigna è il rapporto tra la forza con cui il cuore spinge il sangue all’interno dei vasi sanguigni e la resistenza che le pareti dei vasi stessi esercitano sul flusso di sangue. Questo rapporto cambia di continuo a causa della variazione della contrazione cardiaca e della dilatazione di vasi sanguigni ed è per questo che la pressione arteriosa cambia da persona a persona e anche nello stesso individuo nell’arco della giornata, oscillando tra i valori massimi (pressione sistolica fra 90 e 140 mm Hg) e quelli minimi (pressione diastolica fra 50 e 90 mm Hg).

Generalmente, la pressione arteriosa viene mantenuta costante da un sistema di regolazione. Durante la gravidanza, invece, il sistema cardiocircolatorio e l’assetto ormonale subiscono dei cambiamenti che influenzano la pressione, provocandone una lieve diminuzione. In linea di massima l’abbassamento della pressione è minimo e non comporta grossi problemi ma, se la donna soffre già di ipotensione o quando la massima scende sotto i 100/110, possono presentarsi disturbi come vertigini, perdita di equilibrio, nausea, annebbiamento della vista, sudorazione, etc..

Il varicocele pelvico femminile: cos’è e come si cura

Molte donne, sopratutto durante il ciclo ed i rapporti sessuali, soffrono di dolori cronici al basso ventre. Questi disturbi, le cui cause vengono spesso tralasciate, possono derivare da una patologia definita varicocele pelvico femminile.

Che cos’è il varicocele pelvico femminile?

Si tratta di una dilatazione varicosa delle vene ovariche, ossia della formazione di vere e proprie vene varicose attorno alle ovaie. Questo, insieme al conseguente reflusso a valle nelle vene del sistema salpingo-ovarico, può causare la cosiddetta Sindrome da Congestione Pelvica che, oltre al forte dolore al basso ventre, determina la formazioni di varici vulvari, perineali e degli arti inferiori. Anche se il varicocele è un disturbo di cui soffrono più di frequente gli uomini, si calcola che la sua “variante” femminile colpisce circa 250 mila donne in tutta Italia, con 10 mila nuovi casi all’anno.

In linea di massima, si tratta di donne con varici alle gambe, indice di una tendenza ereditaria alle vene difettose, e di donne che hanno avuto molte gravidanze che, per il grande afflusso di sangue, presentano dilatate le vene dell’ utero e delle ovaie. Nella totalità dei casi, il varicocele è associato a forti dolori pelvici, intermittenti o continui, che possono aumentare di intensità in concomitanza del ciclo mestruale, dei rapporti sessuali e stando in piedi a lungo.

Figli perfetti, vogliamo davvero questo?

Oggi care mamme volevo fare una riflessione con voi, un pensiero sulle aspettative che abbiamo verso i nostri figli e sull’idea stessa che abbiamo di loro. Questo pensiero nasce dalla mia esperienza di mamma ma anche da ciò che, io che sono una attenta osservatrice e ascoltatrice, vedo e sento dalle altre mamme che mi circondano. Vuole essere un’autocritica e uno stimolo alla riflessione.

Avete mai pensato che spesso riversiamo sui nostri figli le nostre “mancate” aspirazioni? I nostri piccoli, perlomeno molti di loro, già in tenera età fanno magari due sport e un corso di musica, hanno più impegni del Presidente degli Stati Uniti d’America. E poi i compiti e le festicciole di compleanno. Ma ce la faranno a sostenere questi ritmi? E’ davvero necessario che facciano tutto questo oppure è solo una nostra ansia da prestazione e da figlio perfetto?

La dispaurenia

Dispaurenia, definizione

La dispaurenia fa parte dei disturbi sessuali femminili caratterizzati da dolore; viene definita come “ricorrente o persistente dolore genitale, durante o dopo un rapporto sessuale” ma non coincide con il vaginismo che, come abbiamo visto, comporta l’impossibilità della penetrazione.

Se distinguono inoltre diverse forme di dispaurenia:

  • Dispaurenia primaria, che compare cioè sin dal primo rapporto sessuale;
  • Dispaurenia secondaria, che compare cioè dopo un periodo di attività sessuale normale;
  • Dispaurenia situazionale, che fa la propria comparsa in alcune circostanze e/o con alcuni partners;
  • Dispaurenia superficiale;
  • Dispaurenia profonda.

Congedo dal lavoro per malattia del figlio

E’ conoscenza comune che le donne lavoratrici, durante la gravidanza e nei primi mesi di vita del bambino, possono usufruire del cosiddetto congedo di maternità, che permette loro di astenersi dal lavoro per il tempo necessario senza dover perdere necessariamente il posto. Quello che non tutti sanno, però, è che esiste un’altra forma di congedo che consente ad entrambi i genitori di astenersi dal lavoro in caso di malattia del proprio figlio.

Che cosa è il congedo per malattia di un figlio?

Si tratta del diritto dei genitori lavoratori all’astensione dal lavoro in caso di malattia, più o meno grave, del figlio che non abbia superato gli otto anni d’età. Nello specifico, il congedo, disciplinato dall’articolo 47 del Decreto Legislativo 151/2001, prevede che, per le malattie che si verificano entro il terzo anno di età del proprio figlio, i genitori possono astenersi dal lavoro, alternativamente, senza limiti di tempo.

Il vaginismo

Il vaginismo, definizione

Il vaginismo è un disturbo sessuale che rende impossibili o estremamente difficoltosi  i rapporti sessuali completi a causa della contrazione involontaria, e del conseguente irrigidimento, dei muscoli della vulva, del perineo e della vagina. Esistono infatti forme lievi di vaginismo, in cui la contrazione della muscolatura può causare disagio all’atto della penetrazione, e forme più gravi in cui questa è resa del tutto impossibile.

Il vaginismo può essere inoltre distinto in permanente, se è presente sin dall’inizio dell’attività sessuale, acquisito, se insorge dopo un periodo in cui i rapporti sessuali sono stati normali, generalizzato, se si verifica in qualunque circostanza con qualunque partner, o situazionale, quando fa la propria insorgenza soli in alcuni casi e/o con un partner specifico.

Vaginismo, i sintomi

Tensione, disagio, dolore durante la penetrazione o impossibilità di avere un rapporto sessuale. Spesso i sintomi fisici del vaginismo sono associati a fobia della penetrazione.

Buchi alle orecchie: quando e come farli

E’ tradizione ed una pratica comune forare i lobi delle orecchie delle femminucce anche in tenerissima età. Gli orecchini, secondo le dicerie popolari, donano maggiore “femminilità” alle bimbe ed evitano che queste vengano scambiate per dei maschietti. La pratica di fare i fori alle orecchie solo pochi mesi dopo la nascita, inoltre, viene giustificata dalla credenza che i neonati sentano meno dolore. Mettere gli orecchini alle bambine molto piccole, invece, oltre ad essere un inutile trauma, può comportare diversi problemi. I bambini piccoli, infatti, si muovono continuamente e potrebbero facilmente tirarsi e grattarsi le orecchie forate, procurandosi dolore o piccole ferite. La pelle dei neonati, inoltre, è molto delicata e necessita di maggiori attenzioni di quella di un bambino più grandicello o di un adulto.

In linea di massima, non esiste un’età giusta, valida per tutti, per praticare i buchi alle orecchie. L’ideale sarebbe aspettare che sia la bambina a decidere di volere gli orecchini. La sua consapevolezza, infatti, aiuterà lei e la mamma ad essere più tranquille al momento della pratica dei fori.

La vulvodinia

Vulvodinia, definizione

Con il termine vulvodinia si indica un dolore vulvare cronico accompagnato da fastidi quali bruciore, irritazione e difficoltà ad avere rapporti sessuali, in assenza di alterazioni a carico della vulva. Il dolore vulvare infatti può essere causato da infezioni, dermatiti, traumi e, seppure raramente, lesioni pre-cancerose o tumorali; se nessuna condizione patologica viene evidenziata dal medico attraverso la visita ginecologica e le opportune analisi, allora si pone la diagnosi di vulvodinia.

La vulvodinia può inoltre essere distinta in:

Vulvodinia generalizzata, quando il dolore vulvare è persistente, e Vestibolodinia provocata, che si definisce quando il dolore insorge, molto forte, al toccamento, alla pressione o durante la penetrazione.

Svezzamento, qualche ricetta per stuzzicare l’appetito dei più piccoli


Lo svezzamento è un periodo molto importante nella vita di un bambino. L’introduzione delle prime pappe e di cibi diversi dal latte nell’alimentazione del bambino, rappresenta un momento fondamentale nella crescita del bebè. Lo svezzamento, oltre ad essere fondamentale, rappresenta una fase molto delicata. Molte mamme lo sanno: dare da mangiare ai più piccoli può essere difficile e il momento della pappa può trasformarsi in un vero incubo! Un modo per affrontare al meglio l’ora della pappa è quello di cercare di proporre al bambino pappine diverse, gustose e nutrienti per evitare che il bebè si stufi della solita pappina e si rifiuti di mangiare.

E’ proprio per questo, e per dare una spinta alla fantasia delle mamme, che oggi vogliamo proporvi delle ricette per stuzzicare l’appetito dei più piccoli durante le prime fasi dello svezzamento.

Cosa sta succedendo nelle sale parto italiane?

Le notizie delle ultime settimane riportano un vero e proprio bollettino di guerra proveniente dalle sale parto italiane, purtroppo la cronaca riporta continuamente di “incidenti” che hanno portato alla morte oppure a situazioni mediche di emergenza le partorienti e i loro bambini. Ma è mai possibile tutto ciò? Nel 2010 ancora dobbiamo sentire notizie di medici che litigano mentre una donna è in travaglio, di parti a rischio che non sanno come essere gestiti e di cesarei praticati come l’unica alternativa possibile?

Fino a poco tempo fa l’Italia era considerata come uno dei paesi più sicuri per mettere al mondo i figli ma oggi invece sembra che la situazione si sia capovolta.  Dai dati nazionali emerge che il 40% dei parti avviene con taglio cesareo e che duecentomila parti – ossia uno su tre – avvengono nei 364 ospedali con meno di mille nascite l’anno (un numero garantito, del resto, solo in 190 centri sui 554 totali).

Concepimento, dopo un aborto più possibilità se non si attende troppo

Uno dei drammi più brutti e spiacevoli che una donna può vivere nel corso della sua esistenza è l’aborto, soprattutto se spontaneo. Spesso, la forza per andare avanti e la consolazione arrivano dalla speranza di una futura gravidanza a lieto fine. Una delle questioni spesso sollevata, a tal proposito, riguarda il tempo che bisogna aspettare prima di cercare una nuova gravidanza dopo un aborto. Fino a poco tempo fa, era convinzione comune che bisognava attendere qualche ciclo dopo l’aborto prima di riprovare a concepire un figlio. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, ad esempio, consiglia di aspettare almeno 6 mesi dall’aborto prima di tentare una nuova gravidanza.

Sembra, però, che questa tendenza si stia invertendo. Un recente studio internazionale dell’Università di Aberdeen (Scozia), infatti, suggerisce dopo un’aborto spontaneo di riprovare subito ad avere un bambino in modo da ottenere maggiore probabilità di riuscita.

La paghetta: come, quando e perchè

I bambini, a partire soprattutto dall’età scolare, chiedono spesso e volentieri denaro ai propri genitori per soddisfare le loro diverse esigenze: le merende, i videogiochi, i fumetti, etc.. Per risolvere questa questione molti genitori scelgono di dare una regolare paghetta ai propri figli. Non tutti, però, sono d’accordo, considerando la paghetta poco adeguata per i bambini, soprattutto quelli più piccoli. Ogni genitore, quindi, sceglie se, quanto e come dare la paghetta ai propri figli. In compenso, come sostengono gli esperti, dare del denaro da amministrare al bambino può essere molto educativo, sia dal punto di vista psicologico che sociale.

La paghetta, infatti, rappresenta un importante momento di crescita e di responsabilizzazione per il bambino. Con la paghetta il bambino impara a conoscere il valore del denaro e a gestirne una piccola somma. Il bambino, attraverso una regolare paghetta, acquisisce una maggiore autonomia e, allo stesso tempo, si sente ancor di più un membro della famiglia.

Spina bifida, l’inositolo in gravidanza ne riduce il rischio

La spina bifida, una grave malformazione neonatale che colpisce il sistema nervoso del bambino fin dalle prime settimane di gestazione, potrebbe essere prevenuta grazie all’assunzione di una sostanza naturale chiamata inositolo. Ad affermarlo è un recente studio dell’University College di Londra. L’inositolo (o vitamina B7) è una sostanza molto importante per l’organismo che concorre nei processi di disintossicazione delle cellule. Si tratta di un nutriente simile ad una vitamina, sintetizzabile dall’organismo, in grado di attivare e stimolare i mitocondri della cellula,  facilitando la loro respirazione e la pulizia della cellula o dell’organo interessato. Secondo i ricercatori inglesi, l’inositolo sarebbe più potente ed efficace dell’acido folico nel prevenire la spina bifida.

Ipersalivazione in gravidanza: la scialorrea

La gravidanza, come abbiamo più volte ribadito qui su Tuttomamma, è un evento molto delicato nella vita di una donna che coinvolge tutto l’organismo. I cambiamenti del corpo che si verificano nei 9 mesi possono determinare dei piccoli malesseri con cui la donna in dolce attesa dovrà fare i conti a volte per tutta la gravidanza altre solo per alcuni mesi. Tra i disturbi più comuni che colpiscono le donne in gravidanza ci sono il vomito e la nausea che, a loro volta, originano un altro disturbo detto scialorrea, o ipersalivazione.

Cosa è la scialorrea?

Si tratta di un’eccessiva secrezione di saliva accompagnata, spesso, dalla difficoltà a deglutire (ptilismo). In condizioni normali, le ghiandole salivari della producono circa un litro e mezzo di saliva al giorno. In gravidanza, invece, può succedere che le ghiandole producano una quantità eccessiva di saliva tanto da impedire alla donna di mandarla giù senza quella sgradevole sensazione di nausea.