essere genitori

Su Real Time, la mamma peggiore contro le mamme che amano troppo

Sembra che il fenomeno della maternità, e più in generale della genitorialità, tiri parecchio in televisione, di questi tempi. Da SOS Tata in poi, si sono succeduti tutta una serie di programmi che, in maniera più o meno (in genere, meno) autorevole, affrontano questo argomento nelle sue diverse sfaccettature: ultima in ordine di tempo è la nuova trasmissione di Real Time, “Mamme che amano troppo”.

Cosa rende un uomo e una donna genitori?

Era una sera come tante in questo periodo natalizio e come di consueto io e mio marito eravamo sul divano, al caldo della stufa, a chiacchierare. Si parlava del più e del meno quando mio marito ha toccato un argomento molto delicato e a  cui sono particolarmente legata e che mi ha fatto riflettere a lungo. Mi ha raccontato di aver incontrato un vecchio amico, che convive da anni con una ragazza e la figlia di lei avuta da una precedente relazione, e di essere rimasto sorpreso dall’apprendere che la bambina lo chiama papà. Da qui abbiamo iniziato a riflettere sulla questione. Cosa rende un uomo e una donna dei genitori?

stereotipi di genere

Pannolini e stereotipi di genere

stereotipi di genere

Indovinello. Leggete questa frase: “L’azienda xxx (sostituisci con una marca di pannolini a tua scelta) augura un buon 2012 a tutte le mamme!”. Cosa c’è che non va in questa, apparentemente innocua, espressione beneaugurale?

Litigare davanti al neonato: gli studi confermano

Vi ricordate qualche giorno fa quando abbiamo discusso sulle percezioni emozionali dei neonati davanti ai litigi dei genitori? Crescere in un clima sereno lontano dalle tensioni e dalle urla che possono scuotere la tranquillità familiare è un pensiero da tempo assodato dalla pedagogia e avvalorata da tutta le branche della psicologia, ma finora la ricerca scientifica non si è mai applicata troppo per confermare questo concetto empirico.

Litigare davanti al neonato

I neonati non sono dei bambolotti che ridono, piangono e scherzano. Sono a tutti gli effetti delle persone, con le loro emozioni e una loro sensibilità, molto spiccata. Ecco perché oggi ci tengo a riprendere il tema di ieri, durante il quale abbiamo affrontato i classici litigi davanti i bambini. Abbiamo detto che discutere è umano, quanto normale e che, a volte, può capitare di alzare la voce anche davanti ai figli.

Non siamo delle macchine. Siamo genitori e abbiamo i nostri difetti. È inutile ricercare un modello di perfezione e sperare di arrivarci. È uno sforzo impossibile e dispendioso. È molto più costruttivo cercare di dare il meglio e seguire quelle che sono le regole di buon senso. Nel caso delle litigate, vuol dire darsi dei limiti: non urlare troppo e soprattutto non mancare di rispetto al partner. Stessa cosa vale quando ci sono dei neonati.

Litigare davanti al proprio bambino

Non c’è bisogno di essere una coppia in crisi per lasciarsi andare a qualche litigata (a volte anche furente). Purtroppo stare insieme, gestire una casa, seguire un lavoro e cresce un figlio non sempre sono cose facili e soprattutto compatibili. Calati nel proprio ruolo di madri e padri e uomini e donne d’affare ci si dimentica dei desideri di coppia. È una situazione comune e prima poi tocca tutte le relazioni. Il risultato? Si commette l’errore di discutere davanti ai figli.

È molto complicato trattenersi, anche perché il più delle volte le litigate non sono premeditate, ma scoppiano all’improvviso. Magari ci teniamo dentro per settimane un “rospo” che proprio non siamo riusciti a digerire e all’ennesimo errore o mancanza, eccolo lì che esplode in tutta la sua potenza e nel modo peggiore.

Bambini abbandonati in ospedale, un trend in crescita

Separarsi dal proprio bambino, per necessità o perché non ci si sente pronte a diventare mamme. Sono tantissime le donne che scelgono di non abortire, ma che abbandonano il loro piccolo in ospedale, sperando sia accolto e accudito da persone qualificate e, soprattutto, possa avere una famiglia che lo ami. Ogni anno, queste situazioni si verificano con una certa frequenza: pensate, che solo a Roma sono circa 60 i casi.

È un trend decisamente in crescita perché nella capitale, fino a qualche anno fa, gli orfanelli in ospedale non superavano i 40/50 casi. È anche il segno di una società in continuo mutamento: non esistono più, per fortuna, gli aborti illegali e molte donne, soprattutto le immigrate, non sanno a chi rivolgersi per mettere fine alla loro gravidanza. La soluzione? Rivolgersi a una struttura pubblica e poi scappare. Quello di queste donne è comunque un gesto d’amore: di solito sono mamme giovanissime, senza mezzi per crescere un figlio. È questo forse il sacrificio più grande.

Il neonato insegna alla neomamma come accudirlo

Stringere tra le braccia il proprio bambino è una gioia enorme, ma fa anche paura. Non so se avete provato questo brivido. Succede a molte donne di sentirsi inopportune e non all’altezza del compito. All’improvviso arriva un esserino che ha bisogno di te per tutto. E tu non sai come comportarti, come interpretare i suoi messaggi.  Ha davvero fame o ha male da qualche parte? E’ giusto che dorma così tanto, sta respirando? Perché piange?

Ci sono neomamme che si chiedono pure: “Ma lo abbraccio nel modo giusto?”. Insomma, tutto sembra difficile e impegnativo. Ecco perché molte donne si buttano sui classici manuali dedicati alla puericultura o chiedono aiuto alla loro mamma, la nonna. Un nuovo studio, però, ha dimostrato che l’insegnante migliore è il bambino stesso.

I bambini si fidano troppo delle parole degli adulti

Si dice che la fiducia vada conquistata, non è così per i genitori. I bambini fin dal primo momento trovano una speciale rassicurazione nelle braccia degli adulti ed è per questo che hanno una responsabilità in più: dare il buon esempio e non solo a parole. Mamma e papà sono dei modelli, a volte anche dei miti, senza macchia e con poteri da supereroi. Un nuovo studio dell’Università della Virginia ha voluto testare la fiducia dei bambini negli adulti e in quanto veniva loro detto.

La ricerca ha come obiettivo fare un po’ di chiarezza. Gli educatori hanno seguito, fino ad oggi, due teorie diverse: qualcuno come detto prima sostiene che l’esempio sia il vero valore pedagogico alla base dell’educazione del piccolo, altri affermano che per i bimbi piccoli, con un’età media pari a 3 anni, sono le parole a contare di più, soprattutto se dette da un genitore.

Babyloss, affrontare la morte perinatale

Lettera a un bambino mai nato. Potrebbe anche intitolarsi così, la manifestazione che ieri ha attraversato i Paesi in modo silenzioso. Alle 19, tantissime mamme, papà e familiari hanno acceso una candela, per ricordare i loro bambini, quelle stelle che hanno fatto parte della loro vita e che, purtroppo, non hanno potuto vivere.  È stato un gesto simbolico, ma anche un modo per ricordare il dolore dei genitori negati. CiaoLapo si è fatta ambasciatrice e promotrice anche in Italia della cultura del babyloss, e organizza eventi, incontri e iniziative.

Ottobre è diventato, dal 2007, il mese del ricordo e le associazioni di tutto il mondo propongono manifestazioni di sostegno,perché perdere un bambino, magari al termine della gravidanza, è un lutto, esattamente come tutti gli altri. Purtroppo però molte donne non possono elaborare il dolore, resta nel cuore e nella mente, insieme al battito del cuoricino.

Aspettare un bimbo, l’importanza di coinvolgere i padri

padri

La gravidanza è un momento straordinario che coinvolge profondamente la sfera emotiva della coppia. Con il pancione, infatti, cresce anche la consapevolezza di diventare genitori. Mentre, però, per la donna il senso di maternità si sviluppa quasi immediatamente grazie anche ai cambiamenti del corpo, per l’uomo è più difficile realizzare quello che sta accadendo. La paternità, infatti, può essere un processo lento e complesso, che necessita di una riorganizzazione mentale nel futuro padre. Gli uomini possono sentirsi confusi e spesso anche messi da parte e gelosi, a causa delle attenzioni che le donne dedicano all’evento. Diventa, quindi, indispensabile coinvolgere il futuro papà durante la gravidanza per aiutarlo a raggiungere la piena consapevolezza del nuovo ruolo.

Bambini molto svegli? Da grandi saranno particolarmente creativi

bambino

Se avete un bambino piccolo sono certa vi chiederete “Cosa farà da grande?” e visto che ancora non possono darvi una risposta ecco che nella vostra mente si faranno largo le professioni più disparate (e a volte incredibili).

La risposta che mi sento di dare potrà essere scontata ma credo altrettanto valida: “Scoprirà da solo quale sarà la sua strada”.

Comunque sia voglio fornirvi un ulteriore suggerimento. Infatti, secondo i risultati di uno studio compiuto dalla Case Western Reserve University di Cleveland e pubblicati all’interno di Intelligence i bambini che tra 6 e 12 mesi si dimostreranno più svegli, a 20 anni saranno particolarmente creativi.