Il sonno del neonato, parte prima: il metodo Estivill

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“E la notte, ti dorme?” è in genere la seconda o terza domanda che viene rivolta a una neomamma a spasso con il suo bambino dopo “Come si chiama?” e “Maschietto o femminuccia?”. La risposta più giusta sarebbe, a mio avviso: “Ha un mese, e non dorme, come è normale che sia.”

Sappiamo infatti che i ritmi del sonno di un neonato sono molto diversi da quelli dell’adulto: nel corso di un unico ciclo di sonno, il piccolo attraversa diverse fasi di risveglio, e il riaddormentamento può essere più o meno problematico (senza contare poi la fame, la sete, i piccoli fastidi, i dentini etc.).

Per questo, la maggior parte dei neonati (tranne i figli delle mamme particolarmente fortunate o particolarmente omertose) si sveglia spesso durante la notte, e per questo nel corso degli anni sono fioccati i cosiddetti “metodi” per far addormentare – e riaddormentare – il bambino.

In questo articolo e nel prossimo vi parlerò dei due metodi che vanno per la maggiore tra le mamme che vogliono insegnare al proprio bambino ad addormentarsi da solo: quello di Eduard Estivill e quello di Tracy Hogg.

Eduard Estivill, pediatra spagnolo, è il famoso (o famigerato?) autore di “Fate la nanna”, un libricino di un centinaio di pagine che ha avuto un grande successo e una grande diffusione, perché il metodo che descrive, in effetti, funziona. Anche se il prezzo da pagare è piuttosto altro.

Per addormentare il neonato, la ricetta di Estivill è la seguente: si crea un rituale preparatorio alla nanna, sempre lo stesso (bagnetto, favola, saluto ai giocattoli, etc.) dopo di che si mette il bambino a letto nella sua cameretta e si esce dalla stanza. Molto probabilmente il bambino piangerà, ma il genitore dovrà aspettare qualche minuto prima di entrare per tranquillizzarlo, e una volta entrato non dovrà prenderlo in braccio o toccarlo, ma rassicurarlo solo con la voce, per poi uscire di nuovo. Se il bambino piange ancora, si aspetta di nuovo un certo numero di minuti (sempre di più, secondo una precisa tabella che si trova nel libro) e ripetere la stessa cosa. E così via, finché il bambino non si addormenta. La stessa procedura va seguita ovviamente in caso di risvegli notturni, che però, a detta di Estivill, non si dovrebbero più verificare in quanto il bambino avrà imparato a riaddormentarsi da solo.

Questo metodo, da molti acclamato come la soluzione definitiva al problema del sonno del neonato, ha ricevuto però anche feroci critiche (tanto che Estivill è stato soprannominato “il pediatra nazista”): è infatti un metodo molto rigido, che non tiene conto delle differenze tra bambino e bambino e del fatto che un neonato potrebbe piangere anche per un reale disagio, e non per un “capriccio”. Per molte mamme inoltre, stare fuori dalla porta mentre il loro bambino piange da solo nel suo lettino, è emotivamente molto difficile.  Infine, c’è chi sostiene che questo metodo di rieducazione al sonno funzioni non perché il bambino abbia imparato in maniera serena e naturale a dormire, ma perchè semplicemente si è rassegnato… tanto nessuno verrà a consolarlo.

E voi, cosa ne pensate? Avete sperimentato il metodo Estivill? Funziona davvero, e soprattutto, ne vale la pena?

 

2 commenti su “Il sonno del neonato, parte prima: il metodo Estivill”

  1. No..Non ho mai sperimentato questo metodo.. E sinceramente non mi piace..Molti non saranno d’accordo con me ma per quel che mi riguarda lo trovo freddo e troppo distaccato… I bambini oltre che al contatto che si viene a creare con l’allattamento al seno o anche con allattamento artificiale, secondo me hanno bisogno anche di altre forme di contatto.. Quando cadono e si fanno male, così come la notte quando si svegliano magari perchè hanno fatto un brutto sogno…hanno bisogno di essere rassicurati!! in fin dei conti sono soltanto dei bambini..impareranno col tempo ad addormentarsi da soli…
    questo metodo andrebbe bene per la mamma senza cuore..anzi per una famiglia di robot…

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