Ragazzi sbandati e dediti al consumo di alcol: colpa dei genitori?

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Nella vera e propria odissea che accompagna il rapporto tra genitori e figli, sono i primi a sentir addosso il peso della responsabilità; si ha sempre paura di sbagliare, di essere stati troppo severi o al contrario troppo indulgenti, poco presenti o troppo asfissianti.

I risultati delle ricerche, che riguardano infanzia/adolescenza e genitorialità, spesso peggiorano piuttosto che attenuare le normali insicurezze delle madri, dei padri e in generale degli educatori, mentre gli specialisti sembrano far ricadere la responsabilità delle devianze e delle degenerazioni dei ragazzi, in maniera molto facilona, sui genitori.

Lo stesso si potrebbe pensare leggendo ad esempio la ricerca svolta dal Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica presso il Karolinska Institutet secondo cui, da un campione di 1220 ragazzi, emerge che sono proprio i genitori e il rapporto con i propri figli a fare la differenza per ciò che riguarda i comportamenti sbagliati e il consumo di alcol.

È indubbio che i genitori e gli educatori abbiano un ruolo molto importante quando si tratta di insegnare ai ragazzi “come comportarsi” (in questo caso, come bere alcol, in che occasione e secondo quali criteri), ma anche quando si tratta di insegnare loro come affrontare ansia, rabbia e aggressività o come reagire nelle situazioni più difficili.

Ma i problemi dei figli sono sempre dovuti ai genitori?

I problemi dei ragazzi derivano da numerose cause differenti; è vero però che la carta vincente dei genitori sta nel comprendere quando e quanto i problemi vengano dall’esterno. Per questo è fondamentale instaurare un proficuo dialogo con i propri figli, comprendendo quando le reazioni e i comportamenti “sbandati” dei ragazzi dipendono da fattori come il rapporto con gli altri, con la scuola, con il proprio corpo.

Infatti, dallo stesso studio si evince come proprio la comunicazione, specie nelle prime fasi di educazione, sia essenziale per la loro salute e stabilità emotiva. Quest’ultima, insieme alla condivisione del tempo libero, permette all’adulto di aver accesso al mondo interiore dei ragazzi, evitando di ritrovarsi un giorno come estranei, di non riconoscersi più e di non essere più in grado di esercitare alcun tipo autorità nei loro confronti.

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