Poca esperienza e carenza di personale dove il parto non è sicuro

Spread the love

La nascita di un bambino è sempre un evento molto delicato che vede posta in primo piano la salute della donna e del neonato. Lo sappiamo molto bene noi mamme e per questo motivo già durante l’attesa, talvolta anche durante la pianificazione della gravidanza, facciamo di tutto per essere certe che il parto si svolga nel più sicuro dei modi.

Ma siamo certe che la struttura sanitaria presso la quale andremo a partorire sia adeguata? Infatti, secondo la relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori sanitari, presieduta da Leoluca Orlando, molto punti nascita in Italia possono essere definiti “fragili”. Il documento, frutto di un’indagine condotta per oltre un anno e mezzo (dal 2009 fino all’agosto 2010), ha riguardato oltre 500 strutture sanitarie in tutto il Paese.

I dati, relativi a 460 di esse, sono stati ottenuti incrociando le cartelle al momento della dimissione con gli organici dei reparti ed hanno evidenziato che seppure siano presenti sul territorio nazionale molti punti nascita, troppi addirittura, spesso questi non sono dotati delle attrezzature adeguate per intervenire, ad esempio, in caso di complicanze ostetriche.

Nelle cliniche nascono pochi bimbi, soprattutto in Campania, Sicilia e Trentino Alto Adige, ci sono pochi posti letto e poco personale a discapito della sicurezza. Altissima, nei centri privati e soprattutto al sud Italia, la percentuale di parti cesarei (poco più del 50%) e più piccolo è il centro nascita, più la percentuale di parti chirurgici sale. Nei grandi centri ospedalieri, ad esempio è di poco più del 32 per cento.

Un po’ dovunque si osserva invece il ricorso, da parte dei medici ginecologi, alla cosiddetta medicina difensiva: troppi esami e procedure inappropriate per tutelarsi da eventuali denunce che solo in pochi casi, comunque, li vedono condannati.

Luogo elettivo per il monitoraggio di gravidanza a rischio rimangono i grandi centri ospedalieri.

[Fonte]

Photo credit | Thinkstock

 

 

 

Lascia un commento