Un’esperienza di vita, tre giorni in un reparto di neurochirurgia infantile

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bambini-malati-neurochirurgia-infantile-gemelliBuongiorno mamme, oggi voglio raccontarvi una storia, una cosa personale che però credo possa essere utile anche a voi, sotto molti punti di vista. Per me oggi è un giorno speciale perché dopo tre anni è la prima mattina che mi sveglio senza lo stesso pensiero fisso nella mente. Due giorni fa la mia piccolina è stata sottoposta ad un intervento chirurgico per togliere quella che i medici chiamavano “tumefazione”, un bozzetto che aveva sulla testa e con la quale è nata. Una cosa che cresceva con il tempo e che nessuno medico ha saputo dire cosa fosse, nonostante avesse fatto ecografie, tac e radiografie. Dopo aver girato diversi medici, ho avuto il nome di un professore di neurochirurgia infantile del Policlinico Agostino Gemelli di Roma, Concezio Di Rocco che mi ha consigliato di asportare la ciste. Sono passati i mesi e un bel giorno siamo stati chiamati per l’operazione, la paura ci divorava e non sapevamo se essere felici di poter mettere (speravamo) la parola fine a questo incubo oppure essere spaventati da quanto ci aspettava.

Poi siamo arrivati al reparto e appena varcata la soglia della porta, un macigno è caduto sulle nostre teste, vedere tanto dolore negli occhi di bambini piccoli è stato davvero devastante, molto più dell’attesa per l’operazione e tutto il resto. A volte nella nostra vita di tutti giorni siamo afflitti da tanti pensieri, ci affanniamo, siamo tristi e scontenti e nulla sembra poterci tirare su. Poi capita come a me di dover passare per un reparto di neurochirurgia infantile e la vita cambia improvvisamente prospettiva, quando incontri lo sguardo di un bambino malato che ha ancora la voglia di giocare e di ridere il tuo mondo si sgretola, ti chiedi come hai potuto dare peso a tante cose futili; quando una bimba di cinque anni e mezzo ti dice io sono abituata, io non ho paura, tu pensi che lei ha molto da insegnarti.

Ed i genitori? Ho visto tanta di quella dignità e di quella compostezza in quelle persone che mai avrei potuto immaginare, riuscivano a contenere il loro sconforto, continuavano a pensare positivo nonostante tutto. Erano solidali con gli altri, lì si entra a far parte di una grande famiglia, dove il male di uno è anche quello dell’altro, dove come è capitato a me, quando ti dicono Signora sua figlia sta bene, può stare tranquilla, non riesci ad essere felice al 100% perché stai male per gli altri, perché vorresti che le belle notizie fossero date anche agli altri genitori. In questi posti ci si lascia un pezzo di cuore che nessuno potrà mai restituirti.

E poi ci sono i medici, le infermiere, i clown, le insegnanti, le psicologhe, persone fantastiche che ogni giorno lavorano per ridare il sorriso a chi soffre, dei veri angeli che insieme, chi per un verso chi per un altro si sforzano per trovare una parola, un gesto, una cura per ridare speranza alle famiglie di questi bambini.

A volte non pensiamo neppure che certe realtà possano esistere, mi dispiace se posso avervi intristito con queste parole ma ho sentito la necessità di raccontare quello che ho visto anche perché queste strutture, e ce ne sono moltissime in Italia, hanno bisogno di sostegno, di volontariato ma anche di qualcuno che ogni tanto passi a trovare questi bambini solo per fargli fare un sorriso.

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