Tuffi e immersioni subacquee in gravidanza

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La gravidanza rappresenta per la donna uno stato del tutto naturale e fisiologico e non deve essere vissuta come una condizione patologica. Una donna in dolce attesa, durante i mesi di gestazione, quindi, può continuare a fare quello che faceva prima della gravidanza, utilizzando, ovviamente, un’ampia dose di buon senso. E’ il caso, ad esempio, dello sport. Una donna abituata a praticare sport può continuare a farlo anche durante la gravidanza, seguendo sempre le indicazioni del proprio medico e tutti gli accorgimenti del caso. Ci sono, però, degli sport che bisogna evitare perchè pericolosi per mamma e bambino. Tra questi è bene annoverare i tuffi e le immersioni subacquee. Con l’estate, sono numerose le donne in dolce attesa che si domandano se possono vivere in tranquillità la propria vacanza al mare, praticando immersioni e divertendosi con tuffi in piscina. Non esiste una risposta unica valida per tutte: tutto dipende dallo stadio e dallo stato della gravidanza, dal tipo di tuffo o immersione e dall’esperienza della donna.

Per quanto riguarda i tuffi, questi, in linea di massima, sono sconsigliati per il rischio di cadute accidentali e  perchè possono arrecare traumi al feto. A gravidanza non inoltrata, se la tuffatrice è esperta può praticare con molta accortezza salti dal trampolino, a patto che questo non sia molto alto. Le immersioni subacquee sono sconsigliate alle donne in dolce attesa perchè provocano delle modificazioni a livello respiratorio e cardiaco che possono ripercuotersi sulla circolazione utero-placentare e, quindi, sul corretto sviluppo del feto. Studi scientifici hanno evidenziato l’aumento di aborti spontanei e malformazioni fetali in donne che hanno praticato immersioni durante la gravidanza. Il feto, inoltre, a causa del suo sistema circolatorio, è più soggetto a rischio di embolia gassosa e di patologia da decompressione. Nel feto, infatti, il sangue può passare dal ventricolo sinistro a quello destro direttamente, senza attraversare tutto l’apparato circolatorio, grazie ad un’apertura detta forame ovale che si chiuderà spontaneamente alla nascita. In questo modo, eventuali bolle che si formano nelle vene possono raggiungere direttamente qualsiasi organo senza passare per il filtro polmonare con possibili rischi per il feto. I rischi di malformazioni o danni al feto aumentano in caso di più immersioni in un giorno, di immersioni in giorni consecutivi e di immersioni con decompressione.

Le immersioni sono sconsigliate anche subito dopo il parto. La ripresa delle immersioni dipende soprattutto dal tipo di parto. In caso di parto vaginale bisogna attendere 3 settimane prima di riprendere a fare immersioni. Questo perchè la cervice uterina è ancora molto dilatata ed il contatto con l’acqua favorisce lo sviluppo di infezioni batteriche. Con il parto cesareo, invece, i tempi di attesa si allungano e arrivano a 6-8 settimane. Bisogna, infatti, aspettare che la ferita si rimargini definitivamente e la parete addominale recuperi il tono muscolare. Per quanto riguarda l’allattamento, invece, non sono stati riscontrati problemi rilevanti in concomitanza della pratica delle immersioni. Quello che si raccomanda subito dopo un’immersione è una minuziosa igiene dei capezzoli prima dell’allattamento, per evitare al bambino il rischio di infezioni.

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