Cambiare città per lavoro con la famiglia: è un problema per i bambini?

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C’è chi ha la fortuna di vivere nella stessa casa per tutta la vita e chi invece, nomade nell’anima o per dovere, è costretto a trasferirsi di continuo. Ma quando si hanno figli è possibile condurre questo tipo di vita? Oggi riflettiamo su quelle famiglie obbligate spesso a cambiare città per motivi lavorativi. Il mondo è cambiato e per avere un impiego occorre essere flessibili. Questa parola è assai insidiosa, perché nasconde diverse controindicazioni.

La flessibilità da un lato è una grande dote, dall’altro inevitabilmente scombussola i piani privati a favore del datore di lavoro. Una volta, le famiglie in viaggio erano quelle dei diplomatici, dei militari o dei vip, oggi invece lo siamo un po’ tutti, soprattutto i genitori più giovani. “Vuoi conservare il posto di lavoro e fare carriera? Vai un anno a Berlino o nel Sud della Spagna o a controllare lo stabilimento di Pechino”. Dire di no è un lusso che si possono concedere in pochi. Come organizzarsi quando ci sono i bambini?

Tempo fa una “nomade” molto famosa, Angelina Jolie ha raccontato la sua vita in una lunga e interessante intervista a Anderson Cooper. La famiglia Jolie-Pitt è perennemente in movimento per necessità. È un movimento diverso da quello delle persone normali, perché ovviamente i bambini avranno tate al seguito e anche insegnanti privati per recuperare le lezioni scolastiche. Ma mamma Angelina aveva raccontato:

In questo momento, a loro piace. I ragazzi diventano irrequieti se rimangono sullo stesso posto per più di due mesi; trovare amici non è un problema perché hanno l’un l’altro con cui giocare! Hanno amici in tutto il paese.

Credo che spostarsi ogni due mesi non sia salutare. I bambini hanno bisogno della routine, di stabilità e di ritmi scanditi. Un trasferimento all’estero, magari per un paio d’anni o semplicemente il cambio della città, non deve essere visto come tragedia. Può anzi essere di stimolo. Ciò che conta è che ovunque si vada, il bimbo sia assistito e non si senta solo. Nel caso dell’arrivo in un Paese con una lingua diversa, è bene mandarlo a scuola nei mesi precedenti, affinché sia preparato.

I bambini hanno molto più spirito di adattamento dei loro genitori alle situazioni nuove. Quello che però soffrono è l’ansia di mamma e papà. Lasciate che sia un processo naturale, stando però attenti alla scuola: non interrompete l’anno scolastico, se vi è possibile. E dopo i 13 anni, evitate gli spostamenti, magari prevedete che un genitore stia fermo con i bambini e l’altro faccia il pendolare, sempre che sia possibile. L’adolescenza è molto delicata.

 

Photo Credits| ThinkStock

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