Per neonati e bambini lo sbadiglio non è contagioso

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Tutti sbadigliano, anche i piccoli di casa. La particolarità di questo gesto però sta nel fatto di essere contagioso. Quanto volte c’è capitato di vedere qualcuno sbadigliare e istintivamente di ripetere lo stesso atto. Per i neonati non funziona così. E lo hanno verificato i ricercatori dell’ Università di Stirling. I motivi?  Sbadigliare potrebbe essere un segno di empatia e i bambini sviluppano questa capacità solo dopo il terzo mese.

Per un bebè lo sbadiglio significa avere sonno, essere molto stanchi o magari avere fame, ma nulla di più. Non c’è un’imitazione nel gesto. Per giungere a questa tesi i ricercatori James Anderson e Ailsa Millen hanno fatto dei test a mamme con neonati di età compresa tra i sei e i 34 mesi.

In media un piccolo sbadiglia almeno due volte al giorno, in linea di massima dopo il risveglio e dopo il sonnellino. Se ci pensate è pochissimo rispetto a un adulto, che sbadiglia dalle sette alle nove volte al giorno.  Sono state proprio le mamme ad accorgersi che i loro bimbi non sbadigliavano mai perché contagiati da questo gesto.

Nella seconda fase dello studio sono stati reclutati altri bambini di età media di due anni e, insieme ai neonati di prima, gli sono stati mostrati dei video in cui vi erano altri bambini. Di questi alcuni sbadigliavano e altri no. Anche in questo caso i risultati sono interessanti perché solo tre bambini su 22 ha ripetuto lo sbadiglio dopo il video. Già altri studi avevano mostrato che i piccoli sotto i cinque anni difficilmente cedono allo sbadiglio contagioso, cosa che invece diventa normale dopo i 12 anni. Ha così spiegato Anderson:

Bambini piccoli possono anche fare di meno dello sbadiglio contagioso semplicemente perché non hanno le stesse pressioni sociali o inibizioni come adulti: sbadigliano dove vogliono e quando vogliono. I risultati ampiamente negativi dei video confermano, invece, che i neonati e i bambini in età prescolare sono molto meno sensibili alle influenze psicologiche dello sbadigliare, se confrontato con i ragazzini più grandi e adulti.

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