Quanto costa garantire alle donne il diritto di abortire?

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Obiettori e aborto

Come non si può obbligare una donna ad abortire, non si può obbligare un medico a praticare l’aborto. Sono due scelte personali e individuali. Detto ciò il servizio pubblico deve impegnarsi per garantire il servizio e per non eccedere nei costi. Purtroppo però l’eccellenza italiana, in questo specifico campo, ha diverse zone d’ombra. Il risultato? Moltissime strutture sono obbligate a chiamare da fuori (ovvero altri ospedali) dottori non obiettori per preservare il normale svolgimento degli aborti.

Questa strada comporta, inevitabilmente, un aumento delle spese per la struttura ospedaliera. La domanda – provocatoria – è la seguente: non è opportuno assumere in base anche all’obiezione di coscienza al fine di garantire turni sempre ben bilanciati? Può essere una questione etica un elemento discriminatorio? In una società perfetta non dovremmo neanche pensarle certe questioni, ma secondo la relazione 2012 sulla legge 194 i ginecologi che si rifiutano di eseguire le interruzioni di gravidanza superano l’85% solo in Basilicata, Molise e Campania. In Lazio si arriva al 91%.

In alcune regioni d’Italia si potrebbe arrivare alla paralisi, se non venissero sfruttate risorse esterne.  Quanto costa tutto questo? Almeno il doppio. Chi sono questi medici chiamati per effettuare aborti? Alcuni sono gettonisti, altri sono ginecologi in pensione con contratti di consulenza. È possibile gestire questa situazione, che oltre che problematica sta oggettivamente diventando costosa? Valeria Galanti ed Emanuela Borzacchiello, ricercatrici intervistate dal Corriere, hanno dichiarato:

L’obiezione di coscienza non deve rendere, di fatto, inapplicabile la 194. Anche il Comitato nazionale di Bioetica riconosce che l’interruzione di gravidanza debba essere sempre e comunque garantita come un diritto fondamentale alla salute psichica e fisica della donna. La soluzione proposta e condivisa da tutte le istituzioni è semplice: bisogna organizzarsi meglio, in modo che la libertà degli uni finisca dove inizia quella degli altri. Si tratta di promuovere una cultura del bilanciamento dei diritti fondamentali – che non ha niente a che vedere con il relativismo – in verità già solidamente stabilita sia a livello nazionale che sovranazionale.

Photo Credit | ThinkStock

 

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