Che cos’è la patria potestà e chi la esercita

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Il concetto di patria potestà, rientra nel più ampio concetto di potestà genitoriale, ovvero del dovere e diritto di entrambi i genitori, di prendersi cura dei figli minorenni, legittimi, illegittimi, adottati o in affido che, secondo la legge, non sono ancora in grado di prendersi cura di se stessi in modo autonomo. La patria potestà, prevede che i genitori si prendano cura dell’educazione dei figli, del loro benessere e della loro istruzione. La patria potestà dunque, appartiene di diritto ai genitori, ma, in caso di morte di entrambi, può essere affidata ad un tutore, scelto dalla legge.

 

Il tutore, avrà pieno diritto alla patria potestà, dovrà curare i beni del minore e diventerà responsabile della sua educazione, della sua istruzione e del suo benessere, ma a differenza dei genitori, non potrà effettuare atti di amministrazione straordinaria senza il consenso del giudice. L’articolo 317 bis del codice civile stabiliva che la patria potestà apparteneva ad entrambi i genitori se conviventi; in caso di mancata convivenza, questa spettava di diritto al genitore a cui era affidato il figlio. Con la legge numero 54 del 2006, cambia nuovamente la normativa, che prevede che la patria potestà venga affidata in egual modo ad entrambi i genitori.

 

Questo diritto e dovere, può decadere, nel caso in cui i genitori, vengano meno al loro dovere di prendersi cura dei figli.

Il giudice può decidere di revocare la patria potestà:

-In casi di maltrattamenti verbali o fisici;

– In caso di abbandono;

-Quando i genitori esercitano violenza sui figli;

-Quando non seguono le naturali inclinazioni dei figli;

-Quando vengono meno agli obblighi nei riguardi della prole di istruzione ed educazione.

La decadenza di esercitare la patria potestà, può essere revocata dunque, se non si rispettano i precetti della legge di garantire al minore assistenza, istruzione, educazione e benessere. Se la patria potestà viene revocata, può anche essere nuovamente approvata dal giudice.

 

La legge mette al centro la tutela dei diritti del minore, diritti che vanno rispettati in tutta la loro interezza. Dunque, non si fa riferimento al questo concetto, inteso  non come appartenenza e padronanza del genitore nei confronti del figlio, ma in relazione ad un concetto che pone l’attenzione sullo sviluppo della persona, sulla sua eduzione, sulla sua formazione e sul suo benessere. Naturalmente, anche il minore, deve rispettare le proprie figure genitoriali e le regole di convivenza per un vivere civile, nel rispetto delle dinamiche familiari e sociali, per favorire cosi la sviluppo della sua persona e una buona convivenza.

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