Bambini iperattivi, troppe diagnosi: aumenta la prescrizione dei farmaci

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Bambini iperattivi troppe diagnosi aumenta prescrizione farmaci

Circa il 3-4 % dei bambini italiani è affetto dalla sindrome Adhd, ovvero da iperattività. Tale patologia comporta una ridotta soglia di attenzione ed una serie di comportamenti alla cui base stanno sicuramente un’impulsività ed una vivacità fuori dal comune. Secondo uno studio condotto presso la Bond University, in Australia, e pubblicato dal British Medical Journal, le diagnosi di iperattività starebbero aumentando con troppa facilità e con esse la conseguente prescrizione di farmaci che potrebbero rivelarsi pericolosi, nel caso in cui non siano strettamente necessari, per la salute dei bambini e degli adolescenti.

Gli effettivi soggetti colpiti dalla Sindrome da deficit di attenzione e iperattività sono circa un bambino su 11 e un adulto su 25. Tra questi peò solamente i casi ritenuti estremamente gravi dovrebbero essere trattati con una terapia farmacologica adeguata, ovvero il 14% di essi. Ciò che invece accade è abbastanza preoccupante. Negli Stati Uniti, ad esempio, a ben l’87% dei bambini ai quali venga diagnosticata la sindrome vengono prescritti i relativi farmaci tanto da registrare un boom di vendite con un aumento del 72% dei medicinali a base delle molecole utilizzate per curarla solo in Australia nel giro di 10 anni. In Gran Bretagna ed in Olanda sarebbero raddoppiate tra gli anni 2008-2011.

I farmaci in questione sono abbastanza invasivi provocando una serie di effetti collaterali significativi, specie quando a farne i conti siano dei bambini. Causano ad esempio perdita di peso e problemi al fegato oltre che un istinto al suicidio. Ciò almeno secondo gli studi perchè non è possibile valutare con certezza quali siano le conseguenze dovute ad un utilizzo prolungato. Quello che non si può escludere è che possano causare dipendenza. I ricercatori della Bond University sottolineano come sarebbe opportuno da parte dei medici, prima di procedere con la prescrizione dei farmaci in oggetto, effettuare un’osservazione dei soggetti per un periodo non inferiore a 10 settimane, onde poter valutare se sia o meno il caso di farli assumere al paziente.

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Photo Credit  Thinkstock

 

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