Abbandonato un bambino nella culla termica della Mangiagalli: non succedeva dal 2007

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A Milano è tornata in funzione la Ruota degli esposti. Si chiama Mario, pesa un chilo e 700 grammi e ha circa una settimana, il bambino abbandonato nella culla termica della Clinica Mangiagalli venerdì sera. Il piccolo, vestito con una tutina azzurra e in buone condizioni di salute, è stato introdotto nella culla con un biberon di latte materno e qualche vestitino.

La storia di Mario ha commosso l’Italia, intanto perché è dal 2007 che il servizio non veniva utilizzato e poi perché fa supporre che questo piccolo sia stato accudito dalla sua mamma con tanta cura e tanto amore, finché non ha schiacciato il bottone rosso fuori dall’ospedale.

Fabio Mosca, il primario di Neonatologia della Mangiagalli, ha dichiarato:

Ci vuole massimo rispetto per la scelta della madre, in condizioni di disperazione ha deciso, comunque, di garantire un futuro al bebè. La Mangiagalli, dove nascono 6.500 bimbi l’anno, si conferma un simbolo della vita.

Lasciare un bebè in questo modo è davvero un gesto d’amore, perché si sceglie di affidarlo alle cure esperte di personale specializzato, in assoluta riservatezza. Le mamme, infatti, non hanno nessun obbligo: non sono tenute a rivelare la loro identità e al tempo stesso hanno la sicurezza che il bambino avrà sicuramente un futuro migliore.

La culla termica è presente in numerosi ospedali. A quella della Mangiagalli si ha accesso solamente schiacciando un bottone. La struttura è collegata con un monitor della Terapia intensiva neonatale e un sistema di allarme che dà alla mamma il tempo di allontanarsi e al tempo stesso avverte il personale dell’arrivo di un nuovo piccolo ospite. In questo modo si evitano i rifiuti, i cassonetti o le culle agli angoli delle strade.

La storia di Mario ha toccato profondamente l’Italia e sono già state numerose le richieste di adozione e di affido. In tanti hanno telefonato in Mangiagalli. Si ricorda però che questa non è la procedura per ottenere un bambino. È necessario, infatti, fare richiesta ai servizi sociali e al Tribunale dei Minori.

Photo Credit| ThinkStock

 

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