Steve Jobs, padre assente. Mamme Nobel per la Pace, presenti!

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Da tempo si fa un gran parlare di mamme che lavorano, di quali conseguenze provochi il loro mancare da casa, di come possano crescere i bambini senza la loro presenza di angelo del focolare.

Della figura del padre invece se ne parla molto meno: è molto più normale che un padre lavori e manchi più spesso da casa.

Da qualche giorno è morto Steve Jobs, il fondatore della Apple. Un capo azienda geniale, intraprendente, un uomo di successo, ma, a quanto pare, un padre che in famiglia non ci ha messo lo stesso impegno.

Walter Isaacson, lo scrittore della biografia di Albert Einstein e Benjamin Franklin, si sta occupando anche della sua biografia, che si doveva chiamare ISteve: The book of Jobs e invece ora si chiamerà solo Steve Jobs.

Insomma, Steve Jobs è uno che nella nostra società (mi sia permesso di dire capitalista e con valori la cui cima è occupata da quello del denaro) è considerato un grande imprenditore e un grande uomo, è uno di cui non si fa che parlare da giorni, dalla Tv a Facebook, e anche noi ne stiamo scrivendo un articolo, ma per mettere in luce un altro aspetto: il personaggio complesso, romantico e, non a caso, ossessionato dal controllo, amava definirsi un artista, ma, lo ha ammesso lui stesso, non è stato un buon padre.

E con la sua biografia voleva far sapere ai propri figli cosa stesse facendo quando non era con loro e quando avevano bisogno di lui.

Una biografia, insomma, per spiegare la sua assenza.

Delle tre donne premi Nobel per la pace di questi giorni invece (il presidente della Liberia Ellen Johnson Sirleaf, l’attivista liberiana Leymah Roberta Gbowee, la presidentessa yemenita del Women Journalists Without Chains Tawakkul Karman) non si parla tanto.

Eppure tutte e tre hanno lottato per i diritti umani, contro la violenza degli integralisti, hanno protestato e contribuito a terminare guerre civili, ma, cosa che qui ci preme sottolineare, sono anche mamme rispettivamente di quattro, tre e sei figli, e non hanno rinunciato ad educarli e a portarli sulle loro spalle durante le più tranquille delle loro attività e manifestazioni.

Come concludere? Con le parole di Guido Barbera (Presidente di Società e Cooperazione Cipsi) che in occasione della Festa della mamma 2010 invitava a firmare l’appello per il Nobel proprio alle mamme africane prima menzionate:

Riconoscere e valorizzare il ruolo fondamentale che svolgono le mamme africane, donne che riescono a garantire la sopravvivenza della propria famiglia, del villaggio e della comunità intera, [significa] riconoscere i loro valori tipici: la forza, la capacità di resistenza e sofferenza, ma soprattutto la capacità di sognare un mondo migliore.

 

 

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