Baby sharing, come funziona?

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E’ sempre esistita l’usanza di scambiare, in famiglia o tra amiche, i vestitini dei neonati che molto spesso vengono utilizzati poche volte e, divenendo fin troppo velocemente piccoli per il bebè, andrebbero gettati via inevitabilmente. Così, la tutina del cuginetto o il body mai utilizzato della bimba di un’amica, possono diventare una preziosa fonte per altre famiglie alle prese con il corredino del bebè in arrivo.

Baby sharing, come funziona?

Complice la crisi degli ultimi anni, la sempre più aumentata condivisione delle informazioni nella quale un ruolo fondamentale hanno giocato internet ed i social network in particolare, ha preso sempre più piede il concetto di baby sharing, ovvero della condivisione legata al settore dell’infanzia. Proprio per la particolarità del fatto di essere caratterizzato dalla crescita repentina dei bimbi, questo è il settore in cui probabilmente lo sharing ha più seguito: non potrebbe essere altrimenti dati i numerosi vantaggi.

Avviene così che non solo capi di abbigliamento ma anche giochi, accessori e quant’altro, cambino proprietario più volte. Ecco così che il baby sharing si è diffuso non solo presso i negozi fisici, ma soprattutto sul web, su siti,  pagine e gruppi dedicati. I protagonisti di tale condivsione sono spesso oggetti mai utilizzati, pari al nuovo dunque, che molti genitori possono trovare utili ed interessanti per far fronte ai bigogni del proprio bebè e risparmiando nettamente delle cifre che spesso risultano superflue.

Una declinazione di tale servizio sta nel baby sitter sharing e nel parents sharing che permette ai genitori, nel primo caso, di condividere le spese relative ad una baby sitter, e nel secondo di prendersi cura, nell’assenza degli altri, dei rispettivi figli in una sorta di sharing dei genitori.

Sul web esistono diversi siti dedicati all’argomento dove i genitori di tutta Italia possono scambiare abiti, giochi e molti reagli ricevuti inutili per le proprie esigenze o duplicati. Leggete anche bike sharing per bambini, è a Milano il primo.

Photo Credit | Thinkstock

 

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