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Translucenza nucale cos'è come si effettua

Translucenza nucale: cos’è e valori limite

Translucenza nucale cos'è come si effettua

Con il termine translucenza nucale si intende una fessura posta sulla cute del feto, in prossimità della nuca, che contiene della linfa. Durante il periodo gestazionale, precisamente tra le 11 e le 13 settimane, può accadere che il liquido aumenti, segno questo che con molta probabilità il feto possa essere oggetto di anomalie cromosomiche, come ad esempio la sindrome di Down, o di malformazioni congenite.

alfafetoproteina in gravidanza

Il dosaggio dell’alfafetoproteina in gravidanza

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L’alfafetoproteina è una sostanza glicoproteica secreta dal sacco vitellino prima, dal feto che la sintetizza soprattutto a partire dal fegato, poi.  Essa è presente in quantità piuttosto elevate durante la vita fetale e nel corso del primo anno di vita del bambino per diminuire sensibilmente in seguito attestandosi su livelli simili a quelli di un adulto. L’andamento dei livelli di AFP in gravidanza fornisce informazioni sull’eventuale presenza di anomalie fetali soprattutto a carico del tubo neurale, come la spina bifida, e l’anencefalia.

Il Bitest in gravidanza

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Cos’è il bi-test?

Il bi-test (o duo test) è una tecnica diagnostica prenatale non invasiva. Più precisamente, si tratta di un esame che viene effettuato fra la decima e la quattordicesima settimana di gravidanza allo scopo di valutare il rischio che il nascituro sia affetto da sindromi cromosomiche, specialmente da Sindrome di Down.

In cosa consiste il bi-test?

Il bitest è rappresentato da un semplice prelievo del sangue materno che viene eseguito al momento della ecografia genetica (translucenza nucale) per valutare la presenza di due ormoni: free beta-hCG (frazione libera della gonadotropina corionica) e PAPP-A (proteina A plasmatica associata alla gravidanza).

Il Tritest in gravidanza

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Oggi torniamo a parlare di esami che permettono di stimare la possibilità di malattie genetiche nel feto; abbiamo già illustrato l’amniocentesi e la villocentesi, i due test più noti per cercare di individuare le possibilità di partorire un bambino affetto da sindrome di Down, che però, essendo esami invasivi, prevedono un rischio, seppur minimo, di danneggiare il feto e quindi di provocare un aborto; essi, infatti, vengono effettuati prelevando, nel primo caso il liquido del sacco amniotico, e nel secondo i villi coriali, ovvero i frammentini tessutali della placenta.

Nell’attesa dell’adozione ufficiale dello SmarTest, una buona possibilità per appurare la presenza di malattie cromosomiche nel feto senza ricorrere ai test invasivi, è quella di effettuare il Tritest, che consiste in un semplice prelievo del sangue da effettuare tra la quindicesima e la diciassettesima settimana di gravidanza.