Plumpy Nut, la pasta di noccioline che potrebbe salvare i bambini africani dalla malnutrizione

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bambini africani

Occhi puntati sui bambini del Terzo Mondo. In questi giorni stanno facendo il giro di tutti i media le fotografie dei bambini siriani, che stanno scappando dal loro paese a causa di una Guerra che dura da circa tre anni. È diversa la situazione in Africa, dove i piccoli devono fare i conti ormai da tempi indefiniti principalmente un grande nemico: la povertà. La maggior parte dei bambini non arriva ai 5 anni a causa della malnutrizione. È stata scoperta una sostanza che potrebbe salvare loro la vita.

Si tratta della Plumpy Nut, una pasta di noccioline studiata da un pediatra francese nel 2005. Secondo alcuni è la nuova penicillina perché estremamente semplice, non è una terapia dolorosa, non c’è bisogno di andare in ospedale o di conservarla in frigorifero. Che cosa contiene? La ricetta è davvero semplice: latte in polvere, grassi vegetali, zucchero, vitamine e minerali.

I primi bilanci hanno dimostrato che questo pasta salva la vita a due milioni di bambini ogni anno. È per tutti i motivi elencati sopra potrebbe servire ad arginare la malnutrizione in Africa. Qual è l’ostacolo? Ovviamente la produzione in loco. Oggi ci sono 19 produttori in tutto il mondo, tra cui  Sudan, Haiti e Burkina Faso.

Produrre in loco è fondamentale se dovessimo importare Plumpy Nut perderemmo tre mesi di tempo. Noi dobbiamo pensare a fare in fretta. La pasta è incredibile, porta il bambino alla curva positiva in un attimo.

Ha spiegato all’Independent Ismael Barmou vicedirettore esecutivo della sede. Considerate che solo la fabbrica in Niger, quest’anno sarà in grado di produrre abbastanza pasta per trattare 300mila casi di malnutrizione. Da un lato quindi molti bambini avranno un futuro, dall’altro si potrebbe aiutare l’economia locale, danno lavoro e creando anche un po’ di profitto. È questa una scommessa  per il futuro, ma come sempre i primi a doversi rimboccare le maniche non sono gli africani, ma noi occidentali.

Photo Credit | ThinkStock

[Fonte]

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