Lavoro e gravidanza

lavoratrice in gravidanzaUna donna in gravidanza è tutelata dalla legge e questo vale anche e soprattutto quando si parla di lavoro. Informare il datore di lavoro del vostro stato è fondamentale soprattutto nel caso in cui svolgiate una mansione che vi faccia stare a contatto con prodotti che potrebbero compromettere lo stato di salute del bebé; inoltre, una donna, durante la gravidanza e nei successivi 7 mesi al parto non può essere adibita a lavori faticosi oppure pericolosi.

La legge inoltre prevede che la futura mamma possa assentarsi dal lavoro per 5 mesi: 2 mesi prima del parto e 3 dopo il parto. In questo caso si parla di astensione obbligatoria. La donna lavoratrice può richiedere, previo accertamento medico e dopo un controllo da parte della Direzione Provinciale del Lavoro anche un congedo anticipato (ad esempio in presenza di situazioni di lavoro ritenute a rischio per lo stato di gravidanza). Se la gravidanza procede bene la lavoratrice può continuare a lavorare fino all’ottavo mesi gravidanza presentando al proprio datore di lavoro un certificato di salute che attesti che sia lei che il bambino sono in buona salute.

Doppio cognome: ecco la proposta di legge

doppio cognome

In Italia, diversamente da quanto accade in altri Paesi europei, è consuetudine dare ai figli il cognome paterno. In Parlamento, però sono tutti d’accordo che è giunto il momento di cambiare e introdurre la possibilità del “doppio cognome”, complice anche il fatto che l’Italia deve adeguarsi alle norme europee e uniformarsi ai principi della Carta dei diritti Ue, che sancisce il divieto di ogni discriminazione fondata sul sesso; e così dopo anni di discussioni, è stato presentato il testo unificato di una nuova proposta di legge in tema di assegnazione del cognome sul quale le Camere dovranno pronunciarsi a breve.

In attesa che le Camere si esprimano sulla proposta di legge, oggi non è ancora possibile attribuire ai figli nati all’interni del matrimonio il cognome della madre o aggiungerlo a quello paterno. Ad accelerare il dibattito sono intervenute in modo determinante alcun sentenze, come quella della Corte di Cassazione del 24 settembre 2008 n. 23934, che ha accolto la richiesta di valutare la possibilità di attribuire il cognome materno ai figli legittimi nel caso in cui i genitori siano concordi, stabilendo che, in seguito all’approvazione del trattato di Lisbona, anche l’Italia, come gli altri Stati membri, ha il dovere di uniformarsi ai principi fondamentali della Carta dei Diritti Ue.

Ma vediamo nel dettaglio cosa prevede la bozza della proposta di legge che la Camera sta esaminando. Per quanto riguarda i figli legittimi, cioè quelli nati all’interno del matrimonio, a loro verrà attribuito il cognome di entrambi i genitori secondo l’ordine stabilito con una dichiarazione concorde resa all’ufficiale dello stato civile all’atto del matrimonio o della nascita del primo figlio. Se non c’è accordo tra i coniugi, l’ufficiale dello stato civile attribuisce al figlio il cognome di tutti e due i genitori secondo l’ordine alfabetico.

Adozione: iter e normative

adozione

Se una coppia decide di adottare un bambino, per prima cosa deve essere cosciente del fatto che dovrà affrontare un percorso burocratico lungo e difficile, fatto di certificati, assistenti sociali, speranze e talvolta anche delusioni. Ma se la voglia di stringere fra le braccia un bimbo è davvero forte, non fatevi scoraggiare e leggete quali sono i requisiti e i primi passai da compiere per diventare genitori.

L’articolo 6 della legge n. 184 del 1983 stabilisce che l’adozione, nazionale o internazionale, è consentita a coniugi sposati dal almeno 3 anni; se il matrimonio è più recente devono aver convissuto in maniera stabile, continuativa e documentabile prima delle nozze per un periodo di 3 anni; la legge italiana non consente né ai single, né alle coppie conviventi di presentare richiesta di adozione. Un requisito fondamentale è che nessuno dei due genitori abbia subito condanne né abbia procedimenti penali in corso. La differenza minima di età tra l’adottato e l’addotante è di 18 anni, quella massima di 45 anni per il genitore più giovane, mentre l’altro può avere fino a 55 anni in più.

La domanda va presentata al Tribunale per i minorenni, sia nel caso che si voglia adottare un bimbo italiano, sia che si scelga un percorso internazionale. La richiesta va presentata in carta semplice alla quale vanno allegati alcuni documenti, quali: certificato di nascita, di residenza, di matrimonio, stato di famiglia, certificato penale copia dell’ultima dichiarazione dei redditi, certificato di sana e robusta costituzione psicofisica e assenso all’adozione da parte dei futuri nonni.