Favole per bambini: A toccare il naso del re di Rodari

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Scrittore e pedagogista italiano, Gianni Rodari ci ha lasciato moltissimi scritti per bambini: favole, filastrocche, poesie, etc.. L’obiettivo principale delle opere di Rodari è quello educativo che grazie alle favole e alle filastrocche diventa allegro e divertente anche quando si trattano temi importanti e seri.

Oggi, care mamme, voglio proporvi una bella favola dello scrittore italiano tratta dalla sua opera  Favole al telefono.

A toccare il naso del re

Una volta Giovannino Perdigiorno decise di andare a Roma a toccare il naso del re. I suoi amici lo sconsigliavano dicendo: “Guarda che è una cosa pericolosa. Se il re si arrabbia ci perdi il tuo naso con tutta la testa”.
Ma Giovannino era cocciuto. Mentre preparava la valigia, per fare un po’ di allenamento andò a trovare il curato, il sindaco e il maresciallo e toccò il naso a tutti e tre con una prudenza e abilità che non se ne accorsero nemmeno.

“Ecco che non è difficile”, pensò Giovannino.
Giunto nella città vicina si fece indicare la casa del governatore, quella del presidente e quella del giudice e andò a far visita a quegli illustri personaggi e anche a loro toccò il naso con un dito o due. I personaggi ci rimanevano un po’ male, perchè Giovannino pareva una persona bene educata e sapeva parlare di quasi tutti gli argomenti. Il presidente ci si arrabbiò un tantino, ed esclamò: “Ma che, mi sta prendendo per il naso?”
“Per carità”, disse Giovannino, “c’era una mosca. Il presidente si guardò intorno, non vide né mosche né zanzare, ma intanto Giovannino si inchinò in fretta e se ne andò senza dimenticarsi di chiudere la porta. Giovannino aveva un libretto e ci teneva il conto dei nasi che riusciva a toccare. Tutti nasi importanti.
A Roma però il conto dei nasi salì tanto rapidamente che Giovannino dovette comprare un quaderno più grosso. Bastava camminare per la strada e da qui a lì si era sicuri di incontrare un paio di eccellenze, qualche sotto-ministro e una decina di grandi segretari.

Non parliamo poi dei presidenti: c’erano più presidenti che mendicanti. Tutti quei nasi di lusso erano abbastanza a portata di mano. I lori proprietari infatti scambiavano la tastatina di Giovannino Perdigiorno per un omaggio alla loro autorità e qualcuno si spinse fino a suggerire ai suoi dipendenti di fare altrettanto, dicendo:
“D’ora in avanti, invece di farmi l’inchino, potreste tastarmi il nso. E’ un’usanza più moderna e più raffinata”.
I dipendenti, in principio, non osavano allungare le mani sui nasi dei loro superiori. Questi però li incoraggiavano con sorrisi larghi così, e allora giù toccatine, strizzatine, tastatelle: i nasi altolocati diventavano lucidi e rossi per la soddisfazione.
Giovannino non aveva dimenticato il suo scopo principale, che era di toccare il naso del re, e aspettava soltanto l’occasione buona. Questa si presentò durante un corteo. Giovannino notò che ogni tanto qualcuno dei presenti usciva dalla folla, balzava sui gradini della carrozza reale e consegnava la re una busta, certo una supplica, che il re passava sorridendo al suo primo ministro.

Quando la carrozza fu abbastanza vicina, Giovannino saltò sul predellino e mentre il re gli rivolgeva un sorriso invitante, lui disse:
“Compermesso”, allungò il braccio e strofinò la punta del suo dito indice sulla punta del naso di sua Maestà.
Il re si toccò il naso stupefatto, aprì la bocca per dire qualcosa ma Giovannino, con un salto indietro, si era già messo al sicuro tra la folla. Scoppiò un grande applauso e subito altri cittadini si affrettarono con entusiasmo a imitare l’esempio di Giovannino: saltavano sulla carrozza, acchiappavano il re per il naso e gli davano una buona scrollatina.
“E’ un nuovo segno di omaggio, Maestà”, mormorava sorridendo il primo ministro nelle orecchie del re.
Ma il re non aveva più tanta voglia di sorridere: il naso gli faceva male e cominciava a colare e lui non aveva nemmeno il tempo di asciugarsi la candela perchè i suoi fedeli sudditi non gli davano tregua e continuavano allegramente a prenderlo per il naso.
Giovannino tornò al paese soddisfatto.

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