Bambini obesi, il polso svela il rischio di ictus da adulti

I vostri piccoli sono in sovrappeso o obesi e siete preoccupati per la loro salute? Fate bene. È importante fare molta attenzione al peso perché mette alla prova il cuore e aumenta il rischio di sviluppare il diabete, oltre a creare complessi di carattere psicologico. C’è però un nuovo test che farà stare tutti un pochino più tranquilli: dalla circonferenza del polso dei bambini con qualche chilo di troppo si può predire la possibilità di avere infarti o ictus da adulti.

È la scoperta, tutta italiana, pubblicata dalla rivista scientifica Circulation: Journal of the American Heart Association e che per certi versi manda in pensione il famoso BMI (indice di massa corporea). Per giungere allo sviluppo di questo test, c’è stato prima uno studio su quasi 480 bambini, tra i 10 e i 12 anni, in sovrappeso ed obesi.

Infezioni urinarie nei bambini, la pielonefrite acuta

La pielonefrite acuta o infezione urinaria alta è un’infezione urinaria che coinvolge i reni ed è spesso associata a una malformazione delle vie urinarie; i batteri che la causano (di solito Pseudomonas e Proteus) possono trovarsi nell’intestino o nei genitali e raggiungono i reni attraverso il sangue.

Pielonefrite acuta, i sintomi

I sintomi della pielonefrite acuta (indicata anche con l’acronimo PNA) comprendono febbre alta (accompagnata talvolta da brividi), dolore addominale o lombare (il bambino potrebbe sentire dolore alla pancia o alla schiena), dolore o bruciore durante la pipì, che può emanare un cattivo odore, e stimolo frequente.

Acqua potabile nelle scuole: una scelta per la salute e per l’ambiente

I nutrizionisti americani credono che l’accesso degli scolari all’acqua sia un problema da affrontare: solo il quindici per cento di bambini in fascia d’età intorno ai 10 anni consumano quantità adeguate di acqua (dati del National CDC Salute e Nutrizione Examination Survey) e dal momento che essi trascorrono una larga percentuale delle loro ore di veglia a scuola, proprio qui dovrebbero assumere metà della razione di acqua totale giornaliera.

Le raccomandazioni standard per i bambini sono di 6-8 bicchieri di acqua al giorno, mentre per i ragazzi adolescenti, che ne hanno ancora più bisogno, di 11 bicchieri al giorno. Spesso non si considera quanto il consumo di acqua sia fondamentale anche per l’apprendimento, per le prestazioni mentali e fisiche, ma anche per la prevenzione di malattie in età adulta e, soprattutto per le ragazze, di disturbi legati alla ritenzione idrica, come la cellulite.

La cistite acuta nei bambini

Come abbiamo visto appena ieri, le infezioni delle vie urinarie sono le più comuni tra i bambini dopo quelle dell’apparato respiratorio; molto più diffuse tra i maschietti nei primi mesi di vita, colpiscono invece in misura maggiore le femminucce in età scolare ( nelle femmine infatti è più facile che residui fecali raggiungano la vulva).

Abbiamo anche visto che le infezioni urinarie si dividono in:

  • Batteriuria asintomatica;
  • Infezione urinaria bassa sintomatica o Cistite acuta;
  • Infezioni urinarie basse ricorrenti;
  • Infezione urinaria alta o pielonefrite acuta.

Ieri abbiamo fatto un breve cenno alla batteriuria sintomatica, oggi ci occuperemo della cistite acuta.

Cosa fare in caso di avvelenamento

L’avvelenamento accidentale è un rischio domestico che espone i bambini più piccoli a una grave intossicazione da parte di un veleno. Entro i primi 4 anni di vita questo rischio è ancora maggiore perchè il bambino è una fase di esplorazione, comprensione dell’ambiente circostante senza però avvertire ilsenso del pericolo. Farmaci, detersivi, alcol, funghi, insetticidi, monossido di carbonio, foglie e bacche velenose, sono i principali responsabili di effetti devastanti sull’organismo del bambino che non ha ancora un sistema immunitario sufficientemente sviluppato.

Inoltre non sempre i sintomi sono chiaramente riconducibili a una intossicazione per avvelamento. Ogni sostanza può provocare reazioni diverse anche se generalmente i segnali allarmanti si manifestano con nausea e vomito, diarrea, pallore, difficoltà visive, perdita di conoscenza, dolori addominali e in presenza di sostanze corrosive la comparsa di vesciche e segni di ustione alla bocca e al viso.

Le infezioni delle vie urinarie nei bambini

Le infezioni delle vie urinarie sono le più frequenti tra i bambini dopo quelle delle vie aeree; durante i primi mesi di vita sono i maschietti a correre maggiori rischi di contrarle, mentre tra i bambini sotto gli undici anni di età la situazione si ribalta e ad esserne maggiormente soggette sono le femminucce. Nella gran parte dei casi le infezioni delle vie urinarie hanno origine batterica, mentre più raramente sono causate da virus o funghi.

Infezioni delle vie urinarie, i sintomi nei bambini

Nel neonato le infezioni urinarie possono presentarsi con sintomi quali febbre, disturbi gastrointestinali, irritabilità, inappetenza, cattivo odore nelle urine, ittero e arrossamenti dell’interno coscia; nei più grandicelli si hanno dolore o fastidio durante la pipì, minzioni frequenti e poco abbondanti e dolore nella parte bassa dell’addome (appena sopra il pube).

La prevenzione degli incidenti ai bambini è un dovere degli adulti

Negli studi che riguardano gli incidenti in età pediatrica emerge quasi sempre la constatazione che la fatalità ha un ruolo molto marginale rispetto alla non previdenza e alla negligenza degli adulti. Gran parte della sicurezza e dell’incolumità dei più piccoli è riposta nella protezione degli adulti che si prendono cura di lui e da come gli viene insegnato a interagire con l’ambiente senza correre pericoli.

Un atteggiamento  noncurante o peggio ancora iper-protettivo non sono da esempio per il bambino che per forza di cosa ha bisogno di toccare, portare alla bocca, sentire tutto quello che ha intorno e di sperimentare l’uso del proprio corpo in relazione allo spazio e all’ambiente in cui vive.

L’esposizione all’inquinamento in gravidanza potrebbe causare disturbi comportamentali nel bambino

E’ davvero senza fine l’elenco dei danni dell’inquinamento ambientale sull’uomo ed è sconcertante vedere come a farne le spese, lo abbiamo già detto, siano sempre più spesso i nostri figli; infatti, secondo una ricerca condotta presso il Columbia Center for Children’s Environmental Health, esisterebbe una relazione fra l’esposizione della madre all’inquinamento ambientale durante la gravidanza e l’insorgneza di disturbi psichici e del comportamento quali iperattività, deficit di attenzione e depressione infantile.

Lo studio ha preso in esame un campione di duecentoquindici bambini dei quali è stato analizzato alla nascita il sangue del cordone ombelicale; lo scopo era quello di valutarne i livelli di un marcatore biologico legato all’esposizione ad alcuni agenti inquinanti da combustione tra cui gli idrocarburi policiclici aromatici che, inalati dalla futura mamma, raggiungono il feto attraverso la placenta e si legano al suo dna condizionanone, a quanto sembra, lo sviluppo.

Il rast test per la diagnosi delle allergie

Il Rast test (Radio Allergo Sorbent Test) è un esame diagnostico per le allergie di secondo livello. Si esegue nei casi in cui si sospetta un’allergia ma il test cutaneo (prick test) non può essere eseguito o ha dato risultato negativo. Il rast test permette di cercare e dosare nel sangue le IgE (immunoglobuline) specifiche per gli allergeni da testare. Questo perché, se un bambino è allergico, sviluppa degli anticorpi specifici che è possibile rintracciare nel suo sangue.

Come si esegue

Il rast test è un esame molto rapido che consiste in un semplice prelievo di sangue. Nello specifico, il bambino viene sottoposto al prelievo di un campione di sangue con l’ausilio di una siringa o di un apposito dispositivo detto ago a farfalla (o butterfly).

Separazione precoce da piccolo? Difficoltà respiratorie da grande

Secondo una ricerca italiana, condotta dall’Università San Raffaele e dall’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele di Milano in collaborazione con l’Istituto di Biologia e Neurobiologia cellulare del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma, se da adulti si hanno difficoltà respiratorie o disturbi che le implicano (come i disturbi d’ansia e gli attacchi di panico) questo avviene perchè da bambini si sono vissute esperienze negative, come il distacco precoce dai genitori, che attivano una precisa risposta genetica che altrimenti rimarrebbe inutilizzata o sarebbe utilizzata in modo diverso.

Lo studio è stato condotto sia su un gruppo di gemelli che su un campione di topolini da laboratorio e si spera aiuti a comprendere l’origine psicobiologica dei disturbi ansiosi nell’uomo: secondo i ricercatori infatti la risposta respiratoria diventa abnorme in alcuni soggetti a causa dell’interazione tra il loro patrimonio genetico e condizioni ambientali avverse soprattutto se queste si “manifestano” durante la prima infanzia.

Il prick test per la diagnosi delle allergie

Il prick test è l’esame diagnostico maggiormente usato nella diagnosi di allergie nei bambini di tutte le età. Consiste nell’applicare sulla pelle del bimbo qualche goccia dei diversi allergeni da testare e nel farle penetrare sottocute pungendo la pelle con un apposito strumento. Se il bambino è allergico ad una sostanza, nel giro di un quarto d’ora compare, in corrispondenza della puntura, un rigonfiamento cutaneo pruriginoso detto pomfo. Il prick test è un esame rapido, semplice, poco invasivo e del tutto indolore e per questo è adatto anche ai bambini più piccoli.

Come si esegue

Il prick test si esegue generalmente sull’avambraccio: a circa 5 cm dal polso e al massimo a 3 cm dalla fossa antecubitale. La pelle non deve essere trattata in alcun modo: disinfettanti o altri preparati potrebbero, infatti, alterare la reattività della cute e, quindi, l’esito del test.

Giocare con i bambini: da 1 a 2 anni

I giochi dei bambini non sono dei giochi, bisogna invece valutarli come le loro azioni più serie“: cosi diceva Montaigne parlando dell’importanza del gioco per i bambini. Giocare, infatti, è per i bambini e per la loro crescita psico-fisica, un’attività fondamentale. Attraverso il gioco i bambini imparano: conoscono il mondo che li circonda, come funzionano gli oggetti e interiorizza regole e divieti. Il gioco cambia a seconda dell’età del bambino e va di pari passo con lo sviluppo fisico e psicologico del bambino.

Intorno all’anno di età l’attività ludica permette al vostro bambino di sperimentare e accrescere le sue capacità fisiche, cognitive e relazionali che sono strettamente collegate tra loro. In questa fase, il vostro bimbo predilige i giochi fisici come giocare con la palla o battere le mani ma ama anche giocare con le costruzioni.

Giocare con i bambini: da 0 a 9 mesi

Tutte le mamme lo sanno:  il gioco è un momento fondamentale per lo sviluppo psico-fisico dei bambini. Il gioco, infatti, permette ai bambini di conoscere, divertendosi, oggetti, ambienti e persone che lo circondano. I bambini, durante il gioco, sono bombardati da stimoli esterni che li aiutano a crescere dal punto di vista fisico, psichico, sociale ed emotivo. E’ importante, quindi, che voi mamme stimoliate il gioco dei vostri bambini, creando sempre nuove opportunità per permettere loro di giocare.

I bambini, fin da quando sono appena nati, hanno l’attitudine di imparare giocando. I primi giochi sono molto importanti perché favoriscono la scoperta dei sensi dei bambini (gusto, vista, tatto, olfatto ed udito). Nelle prime settimane di vita, i bambini amano molto tenere in mano piccoli giochini come i sonagli. Questo li aiuterà a capire che le cose hanno un loro peso, che occupano uno spazio e che possono anche produrre dei suoni.

Le bambine di 11 anni bevono più alcol delle mamme

Gli adolescenti consumano molto, forse troppo, alcol. Questo è un dato assodato, di cui abbiamo recentemente parlato anche nelle nostre pagine. Il guaio è che la fascia di età continua a diventare sempre più bassa: sotto la famosa soglia teen. Secondo quanto è emerso durante l’Alcohol Prevention Day all’Istituto Superiore di Sanità, sono a rischio il 15,8% dei bambini sopra gli 11 anni.

Undici anni vuol dire scuola elementare e ci sarebbe da chiedersi come riescano a entrare in contatto con l’alcol bambini così piccoli. Ci sono delle distinzioni di genere e di età: tra i piccolini bevono di più i maschietti delle femminucce, mentre verso i 16 anni la cattiva abitudine diventa simile in entrambi i sessi e comprende 475 mila minori.