Bambini iperattivi, quando si può parlare di disturbo?

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La sindrome di iperattività infantile, nota anche con il nome di sindrome ipercinetica o disturbo dell’attenzione e dell’iperattività è un disturbo dell’infanzia del quale si sente parlare sempre più spesso; sebbene i suoi segni siano già presenti sin dai primi mesi di vita, alla diagnosi si perviene di solito al momento in cui il bambino fa il proprio ingresso a scuola: il deficit attentivo infatti, unito al comportamento impulsivo e, talvolta, aggressivo, di questi bambini si rende più evidente a causa sia delle difficoltà relazionali con i coetanei che dei problemi di gestione e contenimento incontrati dagli insegnanti.

In particolare, il disturbo dell’attenzione e dell’iperattività, nel suo aspetto dirompente si manifesta soprattutto nei maschi mentre nelle femmine sembrano prevalere le difficoltà attentive. Attualmente si ritiene che alla sua origine vi siano cause di natura neurobiologica (legate al funzionamento della corteccia pre-frontale) sulle quali vanno ad agire determinanti di tipo ambientale; in altre parole se è vero che questi bambini presentano una sorta di malfunzionamento dei neurotrasmettitori che regolano alcune funzioni coinvolte nel disturbo (motricità e controllo degli impulsi) è anche vero che il contesto familiare e scolastico nel quale il bambino cresce può far molto per acuire o, al contrario, placare l’intensità dei sintomi.

Spesso però l’eccessiva vivacità di un bambino, che si presenta per questo difficile da gestire, non rappresenta necessariamente un disturbo neuropsichiatrico come quello appena descritto, piuttosto indica da parte di questo lo sviluppo di modalità relazionali (impulsive e ipercinetiche) tese ad attirare su di sè l’attenzione di chi lo circonda. Prima di allarmarsi è necessario quindi valutare alcuni fattori quali il contesto nel quale il comportamento si manifesta (ad esempio se il bambino si comporta così solo a scuola o solo a casa) e se esistano condizioni che possano far pensare alla reazione del piccolo ad un vissuto traumatico.

Talvolta poi un bambino di indole molto vivace può essere ritenuto “eccessivo” solo in relazione al grado di tolleranza di chi se ne occupa; anche questo è un dettaglio del quale bisogna tener conto prima di gridare al “disturbo” e innescare un processo di medicalizzazione superfluo.

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