Asili nido, la crisi italiana

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Gli asili nido, si sa, in Italia non hanno mai avuto grande fortuna. Sempre troppo pochi, sin dallo loro nascita, per venire incontro alle esigenze delle mamme lavoratrici, che avevano visto un lieve miglioramento della situazione (i posti nido erano saliti dal 10 al 17% in tre anni) grazie a un finanziamento straordinario emanato nel 2007, sembra si stiano dirigendo verso un nuovo periodo nero.

I soldi stanno per finire e i comuni non se la passano tanto bene. Risultato? L’asilo diventa low cost nel senso più deteriore del termine; ha fatto tanto discutere in questo senso la decisione del sindaco di roma Alemanno di concedere appalti a prezzo stracciato ad alcune cooperative che hanno accettato di accudire i piccoli per una somma di 475 euro a bambino quando il minimo necessario per garantire gli standard di qualità è di 700 euro.

Qualcosa di simile è accaduto anche a Milano, dove le convenzioni sono state stipulate per 520 euro. E a rischiare di rimetterci, come sempre, sono i piccoli che in un asilo costretto a “sfruttare” al massimo gli operatori potrebbero non metterci molto a ritrovarsi in un parcheggio dove, gioco forza, ci si limita a tenerli d’occhio senza assicurare loro tutta la tenerezza e l’attenzione di cui hanno bisogno.

Per non parlare poi del fatto che diversi studi hanno dimostrato che le giuste attenzioni e un’adeguata quantità di stimoli durante gli anni del nido influiscono positivamente sul futuro sviluppo del bambino, tanto più che con la vita sempre più solitaria e casalinga che fanno i piccoli sempre più spesso di questi tempi, l’asilo nido prima e la scuola materna poi rappresentano luoghi di socializzazione per eccellenza.

Varrebbe quindi la pena di investire sempre di più e sempre meglio in questi fondamentali tasselli della società. Peccato che le istituzioni sembrino non volere rendersene conto. E le mamme a Bologna sono già scese in piazza.

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